Bimestrale di informazione economica

 
Home page
Presentazione

Arretrati e abbonamenti

E-mail

Archivio

Riviste
Argomenti
Ricerca semplice
Ricerca avanzata
News

Sommario


Editoriale

Un piano di rilancio per l'agricoltura

Una tutela per i prodotti regionali

La scheda degli enti che operano nell'agroalimentare

Punta sugli allevamenti l'agro-alimentare dell'isola

Marchio Igp per l'Agnello di Sardegna

Obiettivo qualità per i vini della Sardegna

Il vino si racconta, poi si beve

Alimentare in crisi per la riforma della Pac

 

Una tutela per i prodotti regionali

 

Controlli di laboratorio del latte prodotto alla 3A di Arborea
Controlli di laboratorio del
latte prodotto dalla 3A di
Arborea
È dal 1964 che in Europa si parla di sicurezza alimentare. Ma poi, gli scandali degli ultimi dieci anni, dal pollo alla diossina alla mucca pazza, l’esigenza dei consumatori in fatto di igiene e trasparenza nella produzione degli alimenti, hanno costretto i politici a varare norme sempre più severe in termini di sicurezza alimentare. Dallo scorso anno tutto ciò che portiamo alla bocca deve essere “tracciabile” e “rintracciabile”. La tracciabilità consente di seguire il processo produttivo dalla materia prima all’alimento finito; la rintracciabilità permette di seguire l’iter dell’alimento, da quando finisce sulla nostra tavola a quando nasce. E tutto questo è deducibile dalle etichette sulle confezioni o dai codici stampati.
Dal primo gennaio 2005 è entrato in vigore l’obbligo contenuto nel regolamento comunitario 178/2002 dell’Unione europea, che impone ai produttori di alimenti di realizzare un sistema di rintracciabilità dei prodotti dall’origine al banco di vendita. Frutta, verdura, formaggi, ma anche mangimi, sementi, prodotti fitofarmaceutici dovranno avere una sorta di “carta di identità”. Per alcuni alimenti – carne, pesce, latte, uova, olio, passata di pomodoro e ogm – è già una realtà.
La carne bovina è stata tra i primi alimenti ad avere una carta di identità. Dal gennaio 2002 l’etichetta deve riportare il codice di identificazione degli animali, il paese di nascita e di macellazione. Le uova devono avere un codice sul guscio che riporta la cifra relativa alla modalità di allevamento della gallina (“1“all’aperto, “2” a terra in capannone, “3” in gabbia), la nazionalità “IT” per l’Italia, tre numeri che indicano il comune dove ha sede l’allevamento, la provenienza geografica con la sigla della provincia, e tre numeri che identificano l’allevamento.
Per quanto riguarda il latte, la dicitura “Latte fresco pastorizzato” non è utilizzabile per il prodotto microfiltrato, che anzi dovrà evidenziare in etichetta il trattamento. Per il miele, l’etichetta deve riportare il paese in cui è stato raccolto. Per l’olio, sulle bottiglie deve essere indicato il luogo di coltivazione e di molitura delle olive. Non si potrà più etichettare come “extravergine” l’olio ottenuto dalla spremitura di olive di origine straniera. Per la “Passata di pomodoro”, infine, la denominazione è riservata solo ai prodotti ottenuti dalla “spremitura diretta di pomodoro fresco”.
Ad aprile 2004, l’Unione europea ha imposto che la presenza di organismi geneticamente modificati sia segnalata su tutte le confezioni di commestibili, nonché sui 32 milioni di tonnellate di mangimi venduti nel suo territorio. Sulle etichette i consumatori trovano “Questo prodotto contiene….“ più il nome dell’Ogm.
L’attenzione posta ai prodotti artigianali e locali ha permesso all’Italia di ottenere dall’Unione europea ben 155 marchi di identificazione geografica protetta. Prima fra tutti i Paesi europei.
Sono quattro i prodotti sardi che hanno già tagliato il traguardo della Dop (Pecorino Romano, Pecorino sardo, Pecorino Fiore sardo) e dell’Igp (Agnello di Sardegna), tutti del comparto allevamento, ma in corsa per la conquista del prestigioso bollino comunitario ce ne sono altri cinque:

– Olio extravergine di oliva di Sardegna Dop;
– Zafferano di Sardegna Dop;
– Pomodorino di Sardegna Igp;
– Carciofo spinoso di Sardegna Dop;
– Bottarga di Cabras Dop.

L’assessorato regionale dell’Agricoltura è impegnato nell’attività di valorizzazione e tutela di altri prodotti bandiera per la Sardegna, quali il “pane carasau”, il porchetto e il mirto.
Aspirano alla tutela della Dop: il Tonno di Carloforte, le Arselle nere della Laguna di Marceddì, il Riso di Sardegna, gli Agrumi di Sardegna, il Miele di Sardegna.
A livello nazionale, nell’ambito del più ampio ventaglio dei prodotti agroalimentari tradizionali, l’atlante del patrimonio comprende altri 156 prodotti sardi che si integrano con la cultura di un particolare territorio. L’elenco nazionale, aggiornato a luglio 2005 dal ministero per le Politiche agricole e forestali, ne ha inserito otto in più rispetto al precedente elenco.
Scendendo nel dettaglio, si trovano 63 paste fresche e prodotti di panetteria; 27 prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati; 13 carni fresche e loro preparazione; 13 formaggi; 7 bevande analcoliche, distillati e liquori; 17 prodotti di origine animale (miele, lattiero-caseari); 13 preparazioni di pesci, molluschi e crostacei; 2 grassi e un condimento. Tra i formaggi figura, per la prima volta, su “casu marzu”, il mitico formaggio marcio contaminato con le larve della mosca olearia.
I Consorzi attualmente esistenti nell’isola per la tutela della produzione agroalimentare locale sono:

– Consorzio di tutela del Pecorino Romano Dop;
– Consorzio di tutela del Pecorino Sardo Dop;
– Consorzio di tutela del Pecorino Fiore Sardo Dop;
– Consorzio di tutela dell’Agnello di Sardegna Igp;
– Consorzio di tutela del Pomodorino di Sardegna Igp;– Consorzio di tutela del Carciofo di Sardegna Dop.

Ogm.Il decreto legge che sancisce la coesistenza in Italia tra colture agricole convenzionali, biologiche e transgeniche è legge dello Stato. Il 25 gennaio 2005, il Senato ha definitivamente convertito in legge il testo licenziato dalla Camera, dove erano state introdotte numerose modifiche tutte volte a una maggiore tutela delle colture convenzionali e biologiche.
Le regioni europee che da tempo portano avanti la battaglia contro la produzione di ogm sui loro territori hanno deciso, per iniziativa della Toscana e dell’Alta Austria, che fanno da capofila, di siglare l’atto formale di nascita della rete delle regioni europee ogm-free.
Anche la Sardegna ha firmato a Firenze la “Carta delle regioni e delle autorità locali d’Europa ogm free”, con la quale le regioni si impegnano a tutelare le aree agricole che basano le proprie produzioni su standard di qualità certificata,come le Dop e le produzioni biologiche, e quelle zone sottoposte dalle attuali normative europee o nazionali e regionali a particolari tutele e vincoli per la salvaguardia delle biodiversità, impedendo in questi territori le produzioni di ogm.