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Nel bacino del Mediterraneo un ruolo di prestigio per la Sardegna
di Paolo Argenti
Energia: i nuovi indirizzi dell'Unione europea
di Mariella Cossu
Un marchio di qualità per l’olio extravergine sardo

Indice per argomenti degli articoli e dei servizi pubblicati su "Sardegna industriale" dal 1985 ad oggi - Parte prima

Indice per argomento degli articoli e dei servizi pubblicati su "Sardegna industriale" dal 1985 ad oggi - Parte seconda

 

Un marchio di qualità per l’olio extravergine sardo
di Mariella Cossu

 

La testa stilizzata di un asinello, simbolo della produzione olearia dell'isola, nel nuovo logo dell'olio extravergine sardo con l'indicazione della Dop
La testa stilizzata di un asinello, simbolo della produzione olearia dell'isola, nel nuovo logo dell'olio extravergine sardo, con l'indicazione della Dop
L’Italia conferma la sua leadership europea per numero di prodotti tipici marchiati con 155 tra Dop (Denominazione di origine protetta) e Igp (Indicazione geografica protetta), su un totale di 709 prodotti marchiati dell’Unione Europea.
È quanto emerge dal rapporto Ismea presentato in anteprima al recente Salone del Gusto di Torino. Da quanto sopra appare evidente che il nostro Paese investe sempre più su prodotti  riconosciuti, registrati e tutelati giuridicamente, a livello comunitario, contro l’imitazione. Prodotti che rispondono a requisiti di sicurezza, sanità, elevata qualità. Ma anche redditizi, considerato che, sempre secondo i dati forniti da Ismea, il giro di affari alla produzione agricola del paniere tipico italiano è pari a 4,5 miliardi di euro, mentre il valore complessivo al consumo è di circa 8 miliardi.
I comparti coinvolti nelle produzioni Dop e Igp sono quelli dei formaggi, dei prodotti a base di carne, degli oli extravergini di oliva, dell’ortofrutta e dei cereali anche se i primi due, da soli, rappresentano, in termini produttivi ed economici, quote molto elevate rispetto al totale. Con il 25,30% di denominazioni, seguono gli oli extravergine di oliva, prodotti di punta della nostra gastronomia.
In Italia i paesaggi caratterizzati dalla presenza dell’ulivo si ritrovano, ad eccezione del Piemonte e della Valle d’Aosta, un po’ovunque. Ogni regione ha le proprie varietà di olive (476 in tutto il Paese) e produce oli con caratteristiche diverse; ogni regione  vanta uno o più oli di oliva extravergine a denominazione di origine protetta. Caratterizzati da profumi tenui e da gusti dolci quelli del nord, carichi di colore e con note aromatiche intense, mano a mano che dalla fascia centrale si scende al sud.
La campagna olivicola ancora in corso segnerà una svolta per la nostra regione: l’olio extravergine di oliva appena prodotto nell’isola comparirà negli scaffali della grande distribuzione e delle rivendite specializzate contraddistinto da una etichetta sulla quale, unitamente al logo, comparirà la dicitura Dop.
Dopo anni di attesa, il riconoscimento del prestigioso marchio di origine comunitario, seppure transitorio in quanto la protezione è al momento solo a livello nazionale, è una realtà. Nello scorso mese di settembre, il ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali ha designato i due Consorzi di frutticoltura sardi quali “Organismi di controllo” di tutto il sistema di certificazione (produzione, trasformazione, elaborazione). Referente per il medesimo ministero e per l’assessorato regionale dell’Agricoltura è il Consorzio interprovinciale per la frutticoltura di Cagliari, Oristano e Nuoro.
Nonostante il brevissimo lasso di tempo a disposizione, il Consorzio ha immediatamente attivato la procedura a livello nazionale e, nel giro di appena un mese, il ministero ha trasmesso il decreto che autorizza l’iscrizione degli aderenti al sistema di certificazione, quindi disposti a sottostare alle attività di controllo previste dal disciplinare.
Al 15 novembre,  le richieste di ritiro dei campioni per l’analisi delle caratteristiche chimico-fisiche e da sottoporre all’esame organolettico erano 170, presentate rispettivamente  da 100 produttori, 40 frantoi e 30 imbottigliatori.
«Il Consorzio per la frutticoltura sta già eseguendo i controlli in stretto rapporto e collaborazione con i tecnici dell’Ersat», precisa Gianni Bandino, direttore generale del Consorzio interprovinciale per la frutticoltura di Cagliari, Oristano e Nuoro.
L’esame organolettico è contemplato dalla legislazione europea che detta norme precise e tassative per l’effettuazione del cosiddetto “panel test”, un giudizio formulato da un panel di esperti assaggiatori in base alle sensazioni olfattive e gustative. Il Consorzio interprovinciale per la frutticoltura di Cagliari, Oristano e Nuoro dispone, nei locali della sede staccata di Villasor, di un sala a norma dove si effettuano corsi per assaggiatori riservati ai tecnici che, d’ora in poi, faranno parte del panel, o gruppo di assaggio, costituito da 10 persone per la Dop Sardegna.

La Dop Sardegna

Raccolta di olve per la produzione di olio extravergine nel Sassarese
Raccolta di olve per la produzione di olio extravergine nel Sassarese
La denominazione di origine protetta “Sardegna” è riservata all’olio extravergine di oliva estratto, nell’intero territorio regionale, da olive prodotte in aziende iscritte nell’elenco degli oliveti di produzione a Dop che rispondano alle condizioni e ai requisiti fissati dalle norme vigenti e da quelle stabilite dal relativo disciplinare di produzione. Le varietà di olivo che concorrono all’ottenimento dell’olio Dop sono: per l’80%,  Bosana, Tonda di Cagliari, Bianca, Nera  di Villacidro, Semidana  e loro sinonimi presenti in aziende,  da sole o congiuntamente tra loro, e, per il restante 20%, varietà minori presenti nel territorio. L’estrazione dell’olio deve avvenire nei luoghi di produzione, nei frantoi riconosciuti sulla base della normativa vigente e soltanto con processi meccanici o fisici atti a garantire la conservazione delle caratteristiche originarie del frutto ed a conferire al prodotto la migliore qualità organolettica. I controlli sulla conformità del prodotto vengono esercitati dai Consorzi interprovinciale e provinciale per la frutticoltura.
Quello che i consumatori troveranno in commercio, in recipienti o bottiglie di capacità non superiore a cinque litri, sarà un olio con caratteristiche chimico-fisiche ed organolettiche che comprendono il «colore: dal verde al giallo con variazioni cromatiche nel tempo; l’odore: da leggero a intenso fruttato di oliva, accompagnato da sentori di frutta o verdure, quali mandorla, cardo, ecc.». Il distintivo sarà costituito da un’oliva dalla quale stilla una goccia d’olio che, con le foglie dell’olivo, stilizza la testa di un asinello, simbolo della produzione olearia della Sardegna. 
La Dop “Olio extravergine di oliva Sardegna”, la cui domanda di registrazione è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’UE (C224) del 13 settembre 2005,  va ad aggiungersi alle altre tre (Pecorino romano, Pecorino sardo e Pecorino Fiore sardo) e all’unica Igp (agnello di Sardegna), tutte riferibili al medesimo comparto, quello dell’allevamento. 

La produzione olearia sarda

Frantoio a mole per la pressature delle olive nell'Oleificio Domenico Manca di Alghero
Frantoio a mole per la pressature delle olive nell'Oleificio Domenico Manca di Alghero
La coltivazione dell’olivo è diffusa in tutte le realtà agricole della Sardegna, interessa  42 mila ettari, tra promiscua e specializzata,  e 50 mila aziende con una superficie olivata media inferiore all’ettaro. Trenta le cultivar nostrane, tutte da proteggere e valorizzare. Con una produzione altalenante, pari al 2-3% di quella nazionale, l’isola riesce a coprire appena il 45-50% del fabbisogno regionale, pari a 180-200 mila quintali. Secondo stime del Consorzio interprovinciale per la frutticoltura di Cagliari, Oristano e Nuoro, la produzione di olive della campagna 2006-2007 si attesterà intorno ai 500 mila quintali dai quali si ricaveranno circa 90 mila quintali di olio, per un valore di 30 milioni di euro.
Da qualche tempo la carta di identità del comparto sta subendo delle modifiche: ad un incremento delle realtà olivicole e delle produzioni si accompagnano una crescita della qualità e la comparsa sul mercato di aziende sempre più competitive. L’evoluzione è conseguente ad una particolare attenzione della Regione, che ha messo in atto interventi finanziari e operativi tesi all’incremento di nuovi impianti (5 mila ettari messi a dimora negli ultimi anni), alla ristrutturazione di gran parte di quelli esistenti, al miglioramento e potenziamento tecnologico delle strutture di trasformazione. Azioni che hanno agito da catalizzatori sui produttori, che si sono impegnati e si impegnano per raggiungere sempre più elevati risultati.
Attualmente la trasformazione avviene in 17 frantoi cooperativi e128 frantoi privati, la maggior parte dei quali utilizzano impianti di estrazione a ciclo continuo, quindi tecnologicamente avanzati. Una cinquantina, tra aziende e cooperative, propongono i loro prodotti in confezione. Spesso si tratta di oli pregiati custoditi in eleganti bottiglie, che talvolta riescono a spuntare prezzi anche competitivi e sempre più apprezzati e premiati nei vari concorsi oleari regionali e nazionali. Questo non significa che il comparto abbia superato il lungo periodo di stasi. Anzi, permangono e si accentuano le difficoltà  sul piano commerciale.

Effetti della Dop

Una fase di lavorazione dell'olio extravergine d'oliva
Una fase di lavorazione dell'olio extravergine d'oliva
L’adozione della Dop, nonostante la ridotta capacità produttiva, dal momento che riguarda appena il 4% del prodotto imbottigliato, e le iniziali carenze sul piano organizzativo, è un grande traguardo. «La Dop – sottolinea Giovanni Bandino – è uno strumento in più a disposizione dei  produttori e dei consumatori perché garantisce che quel prodotto olio è stato ottenuto da olive coltivate in quel determinato ambiente, da quelle specifiche varietà, nel  rispetto di un rigoroso disciplinare di produzione e caratterizzato da caratteristiche chimiche e organolettiche. Il produttore, che deve sostenere degli oneri per aderire al disciplinare di produzione, vedrà il proprio olio garantito nei confronti della concorrenza sleale e vedrà, quindi, riconosciuti i propri sforzi ; il consumatore potrà contare su standard qualitativi elevati e ben determinati».
Per i produttori «l’olio non è mai pagato quanto dovrebbe». Nell’ultimo decennio i prezzi alla produzione degli oli extravergine di oliva hanno subito una contrazione di oltre il 30% ma i prodotti vengono riproposti negli scaffali dei supermercati a costi decisamente raddoppiati. Talvolta ancora accessibili rispetto a quelli proposti per gli oli a denominazione. Ma sempre più spesso a prezzo accessibile corrispondono prodotti non garantiti, magari provenienti da altri Paesi più competitivi, perché maggiore è la produzione  e minori sono i costi della manodopera.
Proprio il minor costo dei prodotti non garantiti ed uno scarso problema di informazione, hanno portato ad una riduzione dei consumi dei prodotti certificati da parte dell’acquirente il quale, raramente, è in grado di percepire il differenziale di qualità e, quindi di prezzo. Da qui l’esigenza di una maggiore informazione e comunicazione nei confronti dei consumatori. «L’etichetta non è sufficiente ad indirizzare il consumatore verso i prodotti certi­fi­cati. L’ideale sarebbe orientare al consumo di qualità, attraverso l’organizzazione di mini corsi di degustazione, consumatori,  produttori di qualità, ristorazione e scuole.
«La conoscenza minima di base è infatti una importante leva di marketing dal momento che mette chiunque nelle condizioni di capire le differenze e dispone anche ad affrontare maggiorazioni di prezzo», rileva ancora Giovanni Bandino.
A questo punto è d’obbligo una domanda: «Quanto costerà il nostro olio certificato?». Da una indagine effettuata presso la grande distribuzione organizzata, gli oli Dop italiani vengono proposti con una maggiorazione di prezzo, rispetto agli oli non certificati, pari a 1,5- 2 euro. Un differenziale che giustifica gli oneri ai quali tutti gli attori della filiera, soprattutto i produttori, devono assoggettarsi. I quali avranno però il compito di sostenerla con azioni di marketing e di valorizzazione.
Ma qui dovrebbe entrare in campo la pubblica amministrazione, nello specifico la Regione, con studi e ricerche di mercato. Sostenere la Dop, infatti, significa  non soltanto dare vigore ad un comparto produttivo, evitando l’abbandono dell’olivicoltura, ma riconoscere il grandissimo ed importantissimo ruolo ambientale che svolge la pianta dell’olivo.
Sugli effetti dell’attribuzione della Dop abbiamo voluto sentire il parere di Francesco Zuddas, presidente della più grossa cooperativa olivicola a livello regionale, la Coopar di Dolianova. 630 soci provenienti dal Parteolla e da altre aree limitrofe, che coltivano complessivamente 1.200 ettari di superficie olivata, la Copar trasforma ogni anno circa 2 mila ettolitri di olio e 4 mila quintali di olive da mensa. Il mercato è per l’80% regionale, per il 15% nazionale e per il 5% europeo.
«La Dop – afferma Zuddas – non risolve i problemi del settore ma, proponendosi come biglietto da visita, e quindi come immagine della Sardegna, ci consentirà di recuperare una grossa fetta di mercato. Finora, la mancanza della Dop ci ha penalizzato nelle contrattazioni. D’ora in avanti potremo inserirci nello specifico mercato dei prodotti a denominazione ma dovremo fare grandi sforzi per fidelizzare i consumatori». 
Il primo passo è stato già compiuto: la costituzione, nello scorso settembre, del Consorzio di tutela, presieduto da Francesco Zuddas, con funzioni anche di promozione, di valorizzazione e di informazione del consumatore. Un organismo in possesso dei requisiti previsti dal decreto 102/2005  per il riconoscimento della Organizzazione di produttori, fortemente perseguita anche dall’assessore regionale dell’Agricoltura, Francesco Foddis.
«Operando un’analisi d’insieme – sostiene l’assessore – potremo dire che tutta l’attività della Giunta regionale è finalizzata a far si che la Sardegna – e quindi anche il suo comparto agro-alimentare – possono trarre dal processo di globalizzazione tutti i vantaggi possibili, rispondendo alla concorrenza, vecchia e nuova, con prodotti in grado di veicolare l’identità, la cultura, la qualità e la specificità produttiva del patrimonio agro-alimentare della Sardegna».
«A tal proposito – aggiunge Foddis – abbiamo voluto intraprendere una forte ed impegnativa azione di sensibilizzazione che permetta, da una parte, il superamento della condizione di “micro impresa” degli operatori del comparto e, dall’altra, di rendere le nostre aziende più adeguate all’evoluzione del sistema distributivo e commerciale ed ai moderni rapporti tra produzione e distribuzione».
«Lo strumento d’aggregazione che abbiamo voluto privilegiare – sottolinea l’assessore – sono le Organizzazioni di Produttori disciplinate dal d. lgs 102/2005 le quali permettono di attuare un processo guidato di aggregazione attuato nei settori principali dell’economia agricola regionale.
Nei sistemi agricoli più evoluti e competitivi, i produttori agricoli fanno parte di organizzazioni di produttori finalizzate ad assicurare la programmazione della produzione e l’adeguamento della stessa alla domanda sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo, a ridurre i costi di produzione e regolarizzare i prezzi alla produzione, a promuovere pratiche colturali e tecniche di produzione e di gestione dei rifiuti che rispettino l’ambiente, in particolare per tutelare la qualità delle acque, dei suoli e del paesaggio e per preservare e favorire la biodiversità, che garantiscano la salubrità dei prodotti e tutelino la salute dei consumatori, ma soprattutto finalizzate a promuovere la concentrazione dell’offerta determinando il rafforzamento del potere contrattuale dei produttori nel rapporto con il mercato».
«È facile – conclude Foddis – cogliere l’importanza strategica delle Organizzazioni dei Produttori (OP) e le loro forme associate, le Organizzazioni Comuni (OC), per lo sviluppo dell’economia agricola dell’isola. Le OP e le OC, infatti, realizzando una maggiore concentrazione dell’offerta, si presentano sul mercato come soggetti economici forti ed integrati, capaci di valorizzare al meglio le produzioni specifiche del territorio e di garantire l’adeguamento della produzione alle esigenze del mercato e dei consumatori».