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Sommario

Salvatore Cherchi *
Editoriale
Lucio Piga
Per un nuovo sviluppo investire in risorse umane
a cura della redazione
Valorizziamo le nostre ricchezze
Andrea Saba - Banco di Sardegna
L'economia del Sulcis Iglesiente - prima parte

L'economia del Sulcis Iglesiente - seconda parte

L'economia del Sulcis Iglesiente - terza parte

 

Editoriale
Salvatore Cherchi *

 

Il sindaco di Carbonia, Salvatore Cherchi
Il sindaco di Carbonia, Tore
Cherchi
Un’area in transizione: così viene definito il Sulcis Iglesiente in un recente rapporto dell’Ufficio studi del Banco di Sardegna che ne analizza gli aspetti strutturali e le tendenze. La definizione è appropriata. Transizione: da dove, verso dove e come? Per chiarezza dell’analisi è necessaria una periodizzazione temporale delle fasi salienti che scandiscono le tappe di un processo specifico del Sulcis, ma anche strettamente connesso con l’evoluzione dello scenario generale e della politica economica nazionale.
Negli anni Settanta e Ottanta si persegue l’obiettivo dello sviluppo della “base minero-metallurgica-manifatturiera ed energetica integrata”, secondo la definizione usata dalla seconda legge sul Piano di rinascita. Gli strumenti operativi delle politiche di intervento pubblico, sono essenzialmente due: la Cassa per il Mezzogiorno e le Partecipazioni statali. In questo periodo il settore estrattivo viene fortemente razionalizzato e drasticamente ridimensionato. Contemporaneamente si sviluppa a Portovesme, uno dei più grandi poli europei della metallurgia non ferrosa che sforna prodotti di base che alimentano le manifatture del Nord. Scarse le trasformazioni in prodotti intermedi e finiti realizzate in Sardegna. Riprende la coltivazione del carbone, per opera di Eni, con l’obiettivo della gassificazione per la produzione di energia elettrica.
Gli anni ’90 sono segnati dalla chiusura totale delle miniere metallifere, dalla privatizzazione dell’industria metallurgica di Portovesme, che avverrà con la condivisione dei sindacati e senza un’ora di sciopero, dal disimpegno di Eni ed Enel dal progetto di estrazione e gassificazione del carbone con il conseguente “affidamento al mercato” di questo obiettivo attraverso il ricorso al “project financing”. Sarà quest’ultimo un caso di insuccesso clamoroso nella privatizzazione di un’impresa.
Nel corso degli anni ’90 si ha dunque, un mutamento del modello e della politica di sviluppo. L’intervento diretto dello Stato si conclude con la liquidazione delle Partecipazioni statali.
Viene liquidata la Cassa per il Mezzogiorno e con essa, almeno per qualche anno, ogni politica per il Mezzogiorno. Questa parola, Mezzogiorno, per qualche anno, quelli del boom leghista, scompare persino dal lessico politico.
Sul finire degli anni ’90, si afferma, con il governo di Centrosinistra, l’idea di una “ nuova programmazione” basata sullo sviluppo dal basso verso l’alto, sul ruolo diretto degli attori locali: istituzioni e forze sociali, e sull’enfatizzazione della visione sistemica dello sviluppo (non un settore ma tutti i settori trainano lo sviluppo), l’accento è posto sulle risorse locali. La Sardegna e il Sulcis sono coinvolti in questi processi. È messa in campo una nuova batteria di strumenti: quelli della programmazione negoziata, quali il contratto d’area per sostenere l’espansione delle piccole e medie imprese nelle aree industriali di Portovesme e Iglesias, il piano integrato d’area e i patti verdi per l’agricoltura e, da ultimo, il progetto integrato territoriale per sostenere l’utilizzazione del grande patrimonio di archeologia industriale mineraria per finalità sociali e produttive.
 Passiamo ai bilanci. Ogni politica deve essere valutata per i risultati che produce. Nel corso degli anni ’90 il Sulcis-Iglesiente è investito dal fenomeno di diminuzione della popolazione residente più consistente in Sardegna. Il saldo è negativo per i movimenti migratori e per i tassi di mortalità e natalità. Negli ultimi anni si ha l’accelerazione di queste dinamiche sfavorevoli. Beninteso, non tutto è nero. L’area di Carbonia si specializza come centro di servizi territoriali con una rilevante crescita imprenditoriale. Nel territorio emergono nuovi imprenditori: clamoroso il successo internazionale della Cantina di Santadi. Questi fatti positivi non ne fanno tuttavia una locomotiva trainante l’intero territorio. In conclusione, la vecchie politiche d’intervento non sono state sostituite, o almeno non ancora, da nuove politiche più efficaci.
Nella situazione presente, il rischio di smarrirsi muovendosi a tentoni, senza bussola, è fondato. Proviamo dunque a ridefinire alcune linee guida.
L’idea che lo sviluppo è un fatto sistemico deve essere ancora affermata: si oscilla dal tutto industria al tutto turismo. L’industria è da difendere e consolidare. Portovesme è l’unico polo industriale sardo sopravissuto intatto e distribuisce oltre seimila buste paga. Il settore terziario, come indica il rapporto del Banco, ha notevoli potenzialità di crescita, in un territorio con grandi carenze anche nei servizi destinati alla vendita. Il Parco geominerario non è altro che un modo di riconvertire ciò che resta dell’attività estrattiva di base, in cultura e luoghi di produzione di servizi e turismo: terziario, dunque.
Gli strumenti della programmazione negoziata, sono da utilizzare effettivamente. Non si può parlare di un loro fallimento: in realtà sono comparsi sulla scena per essere subito accantonati, per ignavia o per scelta consapevole. Gli stessi progetti alimentati con fondi comunitari procedono con grande rilento.
Occorrono istituzioni locali più forti: queste non sono più destinatarie di interventi dall’alto, programmano, progettano e realizzano direttamente. La loro “armatura” professionale è insufficiente: ecco un punto di debolezza seria . E occorre un’istituzione territoriale dotata di poteri effettivi, la Provincia, che faccia ciò che i singoli comuni non possono fare. E ancora: occorrono cospicue risorse finanziarie. Quella del Sulcis Iglesiente è stata una grande storia industriale: non la si trasforma in qualcosa di altro significativo con un po’ di bricolage.
E, infine, occorre rideterminare uno spazio maggiore per l’intervento pubblico in alcuni settori: senza un nuovo assetto del mercato energetico, realmente allineato all’Europa, il polo metallurgico, ancorché industrialmente valido, incontrerà grosse difficoltà. Quanto alla gassificazione del carbone, se non si fa come in Spagna e in Olanda, dove il progetto è stato attuato da Endesa e Shell, cioè due grandi società energetiche, non si farà un passo in avanti e si rinuncerà a quanto di più avanzato esiste nelle tecnologie energetiche.
La sfida che ha di fronte il Sulcis, richiede una forte rimotivazione e mobilitazione delle forze sociali e politiche locali e una riflessione seria nella politica regionale che è però impegnata in una lunga stagione di conflitti perniciosi per l’intera Sardegna.

(*) sindaco di Carbonia, parlamentare della Repubblica nelle precedenti cinque legislature