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Editoriale

Un nuovo progetto per la continuità territoriale

Dal Savoia Marchetti alla tecnologia del jet

Monopolio o libera concorrenza?

Tre nuovi scali per il traffico del Duemila

Rinasce Fertilia, porta d'oro del turismo sardo

Faticoso decollo per Elmas Duemila

Costa Smeralda: un aeroporto di livello europeo

Nuove prospettive per lo scalo di Tortolì

Fenosu: uno scalo strategico per i collegamenti regionali

Un ponte d’aria sul Tirreno

Un progetto di rilancio per la portualità turistica

 

Un ponte d’aria sul Tirreno

 

di Dino Sanna  

 

Giornalista, scrittore, pilota di aerei a motore e alianti, grande appassionato della storia dell'aeronautica civile e militare. Dino Sanna, prematuramente scomparso due anni fa, è stato un prezioso collaboratore della nostra rivista sin dagli anni Sessanta, occupandosi in particolare, con la professionalità che lo ha sempre distinto, dei problemi del trasporto aereo nell'isola. In questo suo articolo, pubblicato sul numero di marzo 1967 di “Sardegna industriale”, dopo una breve storia dei collegamenti Sardegna-Continente dagli anni Venti agli anni Sessanta, ipotizza le linee di sviluppo del settore con l'avvento dei jet.

 

«Le cabine elegantissime, fornite di gabinetto per toilette e di poltroncine, permetteranno ai viaggiatori di parlare, fumare e fare la solita partita a poker...». Con questa promettente annotazione, L’Unione Sarda del giugno 1926 ragguagliava i suoi lettori sul come avrebbero viaggiato i passeggeri del primo collegamento Cagliari-Roma (Lido di Ostia), e ne annunciava imminente l’inaugurazione. In altra nota di quei giorni, li informava che alla Macchi di Varese era in fase di avanzato allestimento il “Fra Ginepro”, un idrovolante provvisto di due motori da 500 cavalli ciascuno, che avrebbe potuto portare otto passeggeri più un pilota ed un motorista, e mille kg di merci.

Ideatore e propulsore del collegamento aereo fra la Sardegna e il continente era stato, in quegli anni, Pietrino Soro, che, incoraggiato dall’appoggio (soltanto morale) di Gabriele D’Annunzio, aveva fondato una società aerea, la Soro.

D’Annunzio aveva aderito al primo volo inaugurale del “Fra Ginepro”, ai comandi del quale sarebbe stato un sardo, Ernesto Campanelli, famoso in tutto il mondo per essere stato motorista di De Pinedo nel volo Sesto Calende-Melbourne-Tokio-Roma, che aveva destato grande ammirazione ed era stato seguito con trepidazione per tutti i 55.000 km del percorso, compiuto dal “Gennariello”.

Si annunciò più volte il volo inaugurale della linea sarda, fissando l’ora e il luogo e pubblicando anche i nomi dei passeggeri. Ma il “Fra Ginepro” per quel 1926 non arrivò e i cagliaritani che lo aspettavano all’idroscalo Sant’Agostino dovettero ritornare alle loro case più volte delusi. Più tardi si annunciarono due velivoli, uno pilotato da Campanelli e l’altro dal tenente Marongiu. Intanto si era fissato anche il prezzo e il tempo di percorrenza: 200 lire (poco più del viaggio in prima classe per treno e per nave) per un volo di due ore e mezza. Ma i due velivoli furono ugualmente attesi invano. Soltanto nel 1927 la linea potè essere inaugurata e fu dapprima trisettimanale, poi bisettimanale e, infine, giornaliera. La esercì la Sai, Società Aviolinee Italiane.

Nata non fra le prime, tuttavia la Cagliari-Roma beneficiava dell’esperienza di altre linee aeree: la numero 1 aveva volato per la prima volta il 1º aprile del ’26 sul percorso Torino-Pavia-Venezia-Trieste (società Sisa), con idrovolanti Cant 10 (5 posti passeggeri); la linea 3, Genova-Roma-Napoli-Palermo, era stata inaugurata il 7 dello stesso mese, e il 1º di agosto la Aero Espresso operava il primo collegamento internazionale (linea 4) Brindisi-Atene-Costantinopoli. Il 16 ottobre, infine, entrava in funzione la linea 2 (Trieste-Zara). Quando fu finalmente inaugurata la Cagliari-Roma, essa suscitò l’entusiasmo dei sardi, che vedevano crollare fra l’isola e la penisola italiana una barriera apparsa per secoli invalicabile. E al loro entusiasmo ed interesse non fu certamente estraneo il fatto che, nel 1927, De Pinedo aveva decollato proprio dallo specchio d’acqua di Elmas con il suo “Santa Maria”, per il raid verso le due Americhe.

Il percorso fra l’isola ed il continente veniva effettuato in circa due ore di volo, una meraviglia davanti ai faticosi giorni di treno e di piroscafo e, assieme, un’avventura, appesi alle ali di legno e tela ondeggianti a meno di quota mille sui flutti del Tirreno, in preda a turbolenze e temporali.

Nel 1935, tutte le Società aeree italiane confluivano nell’Ala Littoria, che utilizzava velivoli di elevate caratteristiche, in rapporto all’epoca, quali gli idrovolanti Cant Z 506, trimotori confortevoli e veloci, capaci di un buon carico e assai robusti, tanto che l’aeronautica militare li utilizzò nel conflitto e per molti anni ancora dopo la sua conclusione.

Negli anni della guerra, l’attività delle linee aeree diventò sempre più ridotta e saltuaria, fino a cessare del tutto. Né potè essere ripresa subito dopo il suo termine, impedita dalle clausole del trattato di pace.

Ma l’uso del mezzo aereo, in Sardegna, è imposto dalla sua natura stessa di isola. Nel 1946-47, nasce la società aerea sarda Airone. Dispone di quattro equipaggi e di tre velivoli Fiat G 212, trimotori, prime realizzazioni della malconcia industria aeronautica italiana ancora segnata dalla guerra. Quasi contemporaneamente sorgono nella penisola altre società: Lai, Teseo, Alitalia, Aviolinee Italiane, Gruppo Siculo, Salpanavi, Silam, Transadriatica, Sisa. Alcune si equipaggiarono con residuati di guerra – i DC 3 “Dakota” – altre si dibattono ancora nell’impegno organizzativo e finanziario e non riusciranno mai a volare. L’Airone ebbe in concessione le linee Cagliari-Palermo, Cagliari-Milano, Cagliari-Napoli, Cagliari-Torino e Roma-Alghero-Cagliari. Non ebbe però vita lunga, scontando anche l’aver preferito, nell’interesse di tutti, i G 212 ai meno costosi Dakota, reperibili a basso prezzo anche nei ricambi, e che allora equipaggiavano il 99 per cento dell’aviazione civile mondiale. In un primo tempo. si consorziò con la Aviolinee, con la Sisa e con la Transadriatica, assumendo il nome di “Ali-Flotte Aeree Riunite”. Successivamente, assieme ad altre, la Flotte Riunite venne assorbita dalla Lai, e nel ’57, infine, anche quest’ultima Società – fatta, come abbiamo visto, di tante coraggiose imprese aero-commerciali – si fondeva con l’Alitalia, passando al gruppo Iri.

Dai G 212 color zabaione, i sardi passarono, in quegli anni, a volare sugli argentei Dakota. Le cifre di incremento di viaggiatori e merci forniscono un’immagine immediata dell’interesse dei sardi per il viaggio aereo. Nel ’49, su 3.737 aerei volarono 40 mila passeggeri e 691.539 kg di merci (aeroporti dl Cagliari e di Alghero). Nell’anno successivo, i passeggeri salgono a 45 mila, e questa quota, rappresentante la media dei viaggiatori aerei di quegli anni, si conserva costante anche per i successivi 1951 e 1952. Nel 1953 e ’54 le quote però calano improvvisamente del 40 per cento, in seguito a due episodi che valsero ad allontanare, per motivi diversi, i sardi dagli aeroplani. Il primo fu l’entrata in linea delle nuove motonavi che presentavano tempi di percorrenze più brevi e maggiori confort; il secondo fu il disastro di Sinnai, che avvenne nel 1953, quando un DC 3 diretto a Roma da Cagliari perse un’ala (così almeno si disse) mentre sorvolava il territorio di quel centro agricolo. Cadde da grande altezza, disintegrandosi. Persero la vita personaggi noti della vita isolana e professionisti di valore. La sciagura suscitò intensa emozione (erano trascorsi 15 anni dall’ultimo disastro dell’aviazione civile, quando un aereo della Roma-Cagliari si era inabissato con tutti i passeggeri nelle acque del Tirreno), e la gente rifiutò di salire sugli aerei. La Compagnia continuò ugualmente a volare, con i velivoli semivuoti, ma con regolarità, e questo era l’unico mezzo per cancellare l’impressione di un incidente teoricamente impossibile e virtualmente irripetibile, e per riguadagnare la fiducia. I Dakota vennero sostituiti con i DC 4 quadrimotori e con i bimotori Convair 240 e 440. E nel ’55 si ebbero i segni della ripresa: 35.186 passeggeri trasportati.

Da allora la curva del progresso nel trasporto passeggeri si impenna sempre più ripida a confermare quanto nel 1926 avevano lucidamente pronosticato i primi fautori delle linee aeree sarde, che scorgevano nell’aeroplano il principale mezzo di comunicazione, di scambio, di inserimento attivo nella vita nazionale per il popolo sardo.

Quando saranno ultimati i lavori per l’allungamento della pista di Elmas, e vi potranno finalmente atterrare reattori medi, i Viscount saranno sostituiti con i Caravelle, i prestigiosi bi-jets francesi che hanno conquistato il mercato mondiale sulle tratte medie. I tempi di percorrenza potranno forse essere abbreviati (anche se di poco, essendo oramai prossimi al limite, su una distanza diventata troppo breve per aerei di alte caratteristiche, e insufficiente a consentirne un adeguato utilizzo) ma, soprattutto, vi sarà un maggior numero di posti a nostra disposizione ed un viaggiare ancora più confortevole. Intanto, si annuncia anche il prossimo prolungamento della Torino-Genova-Alghero, che farà capo a Cagliari.

Dai dati riportati in questa rapida e incompleta panoramica sull’aviazione civile in Sardegna, appaiono chiari i termini dell’incremento dell’attività aerea di trasporto. Sono da aggiungere, alle cifre che si riferiscono agli ultimi anni, quelle non ancora in nostro possesso delle migliaia di viaggiatori e delle tonnellate di merci giunte con aerei speciali, con voli charter, con i velivoli dell’Alisarda e dell’Ati, e con i cargo.

Ma né il presente né l’avvenire aviatorio della Sardegna si fermano qui. Vi sono altri problemi, che affronteremo in un altro articolo, che ci sembra opportuno sottoporre all’attenzione della parte viva della nostra economia, in vista dei sempre più stretti contatti di lavoro e degli scambi con il continente. Le generazioni passate hanno sempre sognato un ponte di quattrocento chilometri gettato al di là del Tirreno. Il ponte ora esiste, ed è un ponte d’aria, da superare con le ali di un aeroplano e soltanto con esso, almeno finché le navi marceranno a 20 nodi. Non può essere che un ponte d’aria, e ben lo compresero alcuni appassionati lungimiranti, quando nel lontano 1926 un idrovolante da 150 km orari provvisto “di gabinetto per toilette” e di “elegantissima cabina”, in un primo volo di due ore, ne gettava il primo pilone.