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Editoriale
Gherardo Gherardini
L'Europa rivaluta la risorsa carbone
Claudio Allevi
Targas: un impianto all'avanguardia

Uno strumento per orientare lo sviluppo

Sintesi del documento di programmazione economica e finanziaria per la Sardegna - 2003-2005

Una nuova stagione per i trasporti?

Sintesi dei Piani regionali dei trasporti e delle merci

 

Sintesi del documento di programmazione economica e finanziaria per la Sardegna - 2003-2005

 

Strumento di portata triennale, il Documento di programmazione economica e finanziaria (Dpef), approvato dal Consiglio regionale nello scorso mese di luglio, traccia le linee guida per orientare lo sviluppo economico della Sardegna, delinea gli obiettivi e le azioni di intervento, coordina i flussi finanziari e determina l’ammontare delle risorse disponibili.

Anche agli occhi dei non addetti ai lavori, il Dpef 2003-2005 si presenta con un’organizzazione redazionale snella e di facile consultazione, attraverso una strutturazione delle politiche di sviluppo per schede, con l’obiettivo di evidenziare sinteticamente le priorità di governo e l’articolazione degli interventi previsti, mentre le illustrazioni di dettaglio sono demandate ai programmi operativi dei singoli assessorati.

Ad integrazione del quadro programmatico, vengono richiamati il Programma operativo regionale (Por) 2000-2006 ed il relativo Complemento di programmazione, posti sotto il coordinamento ed il controllo operativo dell’Autorità di gestione che opera presso l’assessorato della Programmazione.

Il Por, racchiudendo tutte le principali caratteristiche metodologiche di un programma di sviluppo regionale (azioni progettuali, batterie di indicatori, individuazione delle responsabilità e relative piste di controllo), rappresenta un banco di prova – per quanto non esclusivo – del percorso di programmazione. In particolare, gli stretti vincoli temporali di attuazione e l’associazione di meccanismi di premialità e di penalità, correlati sia alla qualità degli interventi che alla celerità della spesa, impongono alla Regione quella simmetria funzionale tra l’organizzazione delle responsabilità manageriali e delle competenze e l’attuazione dei programmi e progetti che da tempo costituisce un obiettivo essenziale della Regione.

Il Dpef 2003-2005 è mirato in particolare alla definizione di aree di intervento strategiche, dichiarando e ponendo in evidenza l’idea di sviluppo che si intende perseguire e rispetto alla quale ricercare la massima integrazione possibile fra gli ambiti di intervento strategici e le singole azioni. Già con i due precedenti Dpef il Governo regionale ha posto in evidenza la necessità di un forte ripensamento e di un nuovo impulso per le politiche di sviluppo economico della Sardegna, ricollegate con il Por all’impostazione di innovazione e “rottura” delineata dal Programma di sviluppo del Mezzogiorno (Psm), il quale ha anticipato le linee di fondo del Quadro comunitario di sostegno per il 2000-2006.

La strategia delineata nel Psm, recepita, riformulata e dettagliata dalla Regione sarda nel proprio Por, viene perseguita con un nuovo approccio metodologico di programmazione, che si sta realizzando in modo simmetrico a livello regionale, nazionale e comunitario, e che implica un modello di crescita orientato non su politiche di compensazione, ma sulle convenienze alle localizzazioni produttive determinate sia dalle risorse mobili (capitale e lavoro specializzato ed imprenditoriale) sia dalle risorse immobili (patrimonio naturale e culturale, specificità della posizione geografica, radicamento del capitale umano in sistemi produttivi locali).

Tale strategia di sviluppo mira a coniugare con politiche attive il potenziamento della domanda e dell’offerta: domanda e offerta di lavoro qualificato, di servizi competitivi e qualità della vita, di localizzazioni convenienti. La sostanziale discontinuità del nuovo ciclo rispetto alle precedenti politiche per il Mezzogiorno implica, come detto, l’abbandono di una politica di “compensazione dei divari” in quanto tale, politica che ha prodotto fenomeni di dipendenza economica e modalità di replicazione degli aiuti e sussidi che hanno disincentivato la propensione allo sviluppo autonomo del Mezzogiorno.

Pertanto il Por Sardegna 2000-2006, i cui obiettivi strategici sono ampiamente condivisi e ripresi nel Documento di programmazione, rappresenta un essenziale canale di finanziamento ed attuazione, per quanto non esaustivo, delle politiche delineate dal Dpef.

In questo senso, inoltre, la necessità del sostegno allo sviluppo da parte della programmazione comunitaria pone come centrale il problema del mantenimento della Sardegna all’interno dell’Obiettivo 1, non negando uno sviluppo economico, ma affermando la caratteristica di ‘insularità” della Regione, che deve necessariamente essere riconosciuta come “regione a rischio di marginalità”.

L’analisi che ha preceduto la redazione del Documento ha evidenziato la coerenza e le sinergie fra politiche strategiche del Dpef e ognuna delle misure del Programma operativo regionale, mettendo in luce la complessiva corrispondenza e reciprocità, sia al livello delle scelte strategiche e di indirizzo, sia al livello operativo, dei due strumenti.

Questa visione integrata della programmazione ha spinto ad evidenziare nel Dpef un disegno strategico in cui le iniziative regionali possano attivarsi nel breve-medio periodo per raggiungere dei traguardi di sviluppo basati su elementi sostanziali. Tale articolazione strategica dell’iniziativa regionale si caratterizza per l’integrazione di due livelli di politiche di azione.

Un primo livello concernente le politiche prioritarie, su cui concentrare l’attività per il triennio, che sono individuate in: politiche per il rilancio del territorio; politiche per la valorizzazione del territorio; politiche per l’innovazione tecnologica.

Un secondo livello concernente gli ambiti settoriali, ove si delineano azioni specifiche per i settori economici e sociali, atte ad integrarsi con le politiche prioritarie ma focalizzate su particolari obiettivi e ricadute dirette.

Questo quadro di politiche si inserisce nella logica del “ciclo unico” della programmazione e negli indirizzi delle delibere Cipe che indicano il trasferimento delle competenze alle Regioni in merito alla gestione dei finanziamenti pubblici e di un loro utilizzo non solo destinato ad opere infrastrutturali, ma di sostegno, anche, alle azioni previste negli strumenti della programmazione negoziata.

Le linee programmatiche definite nel Dpef pongono le basi per il raggiungimento di uno sviluppo economico e sociale stimato in un incremento medio annuale, per il triennio 2003-2005, del prodotto interno lordo pari al 1,9 per cento e del tasso di occupazione dello 0,8 per cento.

Il Dpef si compone del documento vero e proprio e di diversi allegati. In particolare:

– l’allegato n. 1, che descrive dettagliatamente ed in maniera approfondita il ruolo della Sardegna nell’economia nazionale ed internazionale, con ampi riferimenti al mercato del lavoro, alla situazione congiunturale attuale ed alle previsioni della sua evoluzione nel breve periodo;

– l’allegato n. 2, che tratta, analizzandoli a fondo, gli strumenti per lo sviluppo locale: Pist (Programmi integrati di sviluppo territoriale delle isole minori della Sardegna); Pia (Programmi integrati d’area); programmi comunitari Interreg e Leader;

– gli allegati 3a e 3b, che si riferiscono, elencandole, alla natura ed alle funzioni dei singoli assessorati, nonché ai programmi operativi degli stessi.

L’importanza dei temi trattati negli allegati, la completezza dell’analisi, suggeriscono almeno una riflessione che riguarda l’andamento del mercato del lavoro in Sardegna.

Viene evidenziato, in una apposita tabella, che il tasso di disoccupazione, dal gennaio 2001 allo stesso periodo del corrente anno, è sceso di un punto percentuale, passando dal 18,6% al 17,6%, con ciò consolidando una tendenza che si manifesta già da un triennio, nel corso del quale si è registrato un incremento occupazionale di 58.000 unità.

Questo lusinghiero risultato, pur scorporato dagli effetti positivi conseguenti alla politica centrale dello Stato, va oltre il dato medio dell’occupazione su scala nazionale. Nel Dpef, infatti, si afferma che è il frutto di opportunità nuove presenti solo a livello regionale, discendenti dalla bontà delle scelte di politica economica dell’amministrazione regionale, fatte nel periodo di riferimento.

Il Dpef, per quanto concerne gli obiettivi prioritari, è articolato in quattro principali argomenti rappresentati da:

a) politiche prioritarie di intervento;

b) politiche settoriali e di coesione;

c) strategia organizzativa per l’efficienza e l’efficacia gestionale;

d) quadro di sostegno economico e finanziario.

In linea con gli obiettivi già enunciati nelle dichiarazioni programmatiche della Giunta Pili, all’atto del suo insediamento, il Dpef prevede, per quanto attiene alle politiche prioritarie di intervento, iniziative finalizzate al rilancio del territorio, alla sua valorizzazione e quant’altro possa essere utile in un contesto sociale come quello attuale in continua evoluzione.

Per quanto riguarda la seconda parte del Dpef si afferma che, pur in presenza di qualche miglioramento nel corso di questi ultimi anni, il quadro generale dell’economia isolana rimane caratterizzato da una evidente debolezza, che attiene all’insufficiente grado di infrastrutturazione ed all’inadeguata composizione della struttura imprenditoriale, costituita da soggetti di dimensioni estremamente ridotte.

Tra gli obiettivi che la Regione si prefigge di raggiungere, si configurano una serie di azioni volte a potenziare la capacità del sistema produttivo regionale, attraverso l’adozione di misure capaci di attrarre investimenti e nuove iniziative dall’esterno, nonché misure a sostegno della innovazione tecnologica.

Non secondarie, a questo scopo, si inquadrano le politiche di natura fiscale, volte a consolidare e potenziare un sistema di sgravi idoneo e funzionale ad incrementare la competitività delle imprese che operano e che andranno ad operare in Sardegna rispetto ad un mercato sempre più globalizzante.

Altro aspetto che merita una pur breve riflessione è quello che riguarda la politica delle entrate, ben sapendo che il principale obiettivo che si prefigge la Regione è proprio quello di incrementare le risorse disponibili, al fine di assicurare i mezzi necessari per il finanziamento degli interventi previsti dalla programmazione regionale.

Questo irrinunciabile obiettivo, tuttavia, si presenta sempre più arduo da raggiungere in presenza di due concomitanti fenomeni: da una parte, la progressiva riduzione delle assegnazioni statali e, dall’altra parte, il rallentamento delle entrate proprie a seguito del minore gettito di natura fiscale sui tributi compartecipati.

In questa situazione, il Dpef si pone come obiettivo strategico la revisione del titolo III dello Statuto, con la dichiarata esigenza di equiparare le entrate tributarie della Sardegna a quella delle altre regioni a Statuto speciale.

Nella stessa direzione si muove l’amministrazione regionale, dando impulso al confronto con lo Stato, peraltro già in atto, allo scopo di pervenire entro il prossimo esercizio finanziario alla contrattazione del nuovo Piano di rinascita, in attuazione dell’articolo 13 dello Statuto della Regione Sardegna.

La crescita dei bisogni e la necessità di dare, quindi, attuazione a massicci interventi che rimuovano le cause del sottosviluppo, originate da un accertato e diffuso deficit infrastrutturale, pongono, in termini sempre più pressanti, l’attuazione dell’obiettivo della crescita delle risorse, anche perché, così come viene indicato nel Dpef, a legislazione vigente, le risorse disponibili, quantificate in euro 2.875.945.000; 2.888.251.000; 2.948.051.000 rispettivamente per gli anni 2003-2004-2005, si dimostrano palesemente insufficienti per finanziare la spesa complessivamente individuata per ciascuna annualità del periodo considerato.

Il livello di indebitamento raggiunto, ancorché ridottosi dell’importo di euro 803.043.000 a seguito dell’accertato minore disavanzo d’amministrazione dell’esercizio finanziario 2001, impone, in coerenza con il precedente Dpef, una politica di rigore, di contenimento e di riqualificazione della spesa.

Con queste finalità, il Dpef prevede che il bilancio di previsione dell’esercizio 2003 comporti il reperimento di ulteriori risorse regionali per 1.274.200.000 euro, e ciò per dare totale copertura alle spese previste nell’ipotesi di bilancio a legislazione vigente, pari a 4.150.145.000 euro, nel quale, come è noto, sono rappresentate le autorizzazioni di spesa previste dalla legislazione in vigore, le dotazioni ritenute necessarie per il funzionamento dei fondi di riserva, nonché la previsione degli oneri di ammortamento dei mutui autorizzati e già contratti.

Tuttavia, per effetto dell’autorizzazione, con la finanziaria 2002, per la contrazione di mutui dell’importo di 603.773.000 euro, ed a seguito del ripristino del livello di indebitamento susseguente al minore disavanzo registrato nell’esercizio finanziario 2001, il disavanzo netto da finanziare si riduce a 113.145.000 euro.

 

 

Politiche per il rilancio del territorio

 

Lo sviluppo territoriale, economico e sociale della Sardegna ha il suo supporto principale nell’adeguamento e nella modernizzazione funzionale del sistema infrastrutturale regionale, che si incentra nelle seguenti linee prioritarie d’intervento:

– il potenziamento della rete di trasporto regionale, con l’obiettivo di costruire con solidità una “continuità territoriale” sia interna, attraverso il potenziamento delle reti di connessione nord-sud e costa-zone interne, sia esterna con l’incremento della connettività dell’isola verso il continente e l’Europa;

– la promozione del ruolo di “piattaforma logistica” della Sardegna per la mobilità del Mediterraneo, sia di merci, condotti e canali di trasporto dell’energia e dei combustibili, sia dei canali dell’informazione e come base per lo sviluppo tecnologico, che troverebbe nell’isola, una volta potenziato il sistema della “continuità territoriale”, un luogo strategico per il suo insediamento;

– il miglioramento del sistema idrico e del ciclo delle acque, per risolvere il problema della “siccità” e del razionamento idrico attraverso l’implementazione di un sistema di gestione che migliori le attuali condizioni dell’isola, diventando nuova fonte di ricchezza, in relazione anche con le opportunità di connessione/interazione interna ed esterna. Un altro obiettivo prioritario, in tale ambito, è la realizzazione di un migliore e più efficiente sistema di irrigazione agricola, che sosterrebbe lo sviluppo di una delle principali fonti di reddito regionali, senza incidere nell’uso civile delle acque (es: captazione e riuso). Appare necessario, in questo senso, anche il miglioramento dell’attuale sistema di condotte, che allo stato attuale comporta una elevata dispersione e spreco delle risorse idriche.

 

 

1. Il sistema delle infrastrutture e dei trasporti

 

Il sistema delle infrastrutture e dei trasporti in Sardegna versa in condizioni di persistente arretratezza, con un gap rispetto alla media nazionale di circa il 40 per cento: sui due terzi della rete ferroviaria si registrano infatti velocità commerciali nell’ordine dei 70 km/ora, mentre sul fronte della viabilità va registrato come la Sardegna risulti ancora l’unica regione italiana storicamente esclusa dai flussi di risorse destinati al completamento della rete autostradale.

Le principali inefficienze del sistema riguardano principalmente tre tematiche:

– l’inadeguatezza dei collegamenti rispetto ai territori ed ai mercati, sia per le merci che per la mobilità delle persone;

– l’assoluta insufficienza della rete dei collegamenti veloci all’interno dell’isola;

– la debolissima concorrenzialità del sistema di trasporto pubblico, nei contesti metropolitani, rispetto all’auto privata.

Lo sviluppo territoriale, economico e sociale, per contro, ha il suo supporto principale nell’efficienza del sistema infrastrutturale, che nel contesto della Sardegna implica innanzitutto l’attivazione di politiche volte al potenziamento della rete di trasporto regionale, con l’obiettivo di costruire una completa “continuità territoriale”, sia esterna, verso il continente e l’Europa, sia interna, con lo sviluppo delle reti di connessione nord-sud e costa-zone interne.

Per quanto riguarda la continuità esterna, va segnalato che la Regione nell’ultimo anno è finalmente riuscita ad attivare la continuità territoriale aerea per i passeggeri con gli scali di Roma e Milano. Dopo decenni di stasi, questo risulta essere un primo significativo passo di un processo che dovrà essere esteso alla generalità degli scali italiani. L’assunzione del principio di continuità, inoltre, ha consentito l’approvazione dell’art. 51 della Finanziaria regionale 2002, rivolto all’abbattimento dei costi di trasporto delle merci nel settore della navigazione.

Per quanto riguarda la continuità interna, con le risorse del Pop 94-99 sono stati avviati una serie di interventi sulle infrastrutture viarie fondamentali (ss 131, ss 131 dcn, ss 125) che dovrebbero migliorare nel breve periodo il livello di servizio di tali arterie.

Gli interventi attivati, tuttavia, pur importanti, non sono ancora sufficienti per una piena continuità territoriale, che risulta essere, come già accennato, uno dei temi centrali e fondamentali per la crescita della Sardegna.

 

Obiettivi-Azioni.A livello strategico, occorre mettere in atto:

– l’implementazione di un piano generale della continuità territoriale, che contenga una serie di misure che estendano e generalizzino il meccanismo degli oneri del servizio pubblico e avvicinino fisicamente la Sardegna all’Europa, esaltandone il ruolo di ponte verso la sponda meridionale del Mediterraneo, favorendo il processo europeo volto a rafforzare lo sviluppo delle “autostrade del mare”;

– l’eliminazione delle disfunzioni del trasporto interno sia stradale che ferroviario, ponendo in campo una serie di iniziative rivolte all’adeguamento e alla velocizzazione delle reti.

Il Dpef 2003-2005 ha come obiettivo strategico, pertanto, in linea con quanto previsto dal Piano regionale dei trasporti e dal Piano regionale merci, già approvati dalla Giunta regionale e attualmente all’esame del Consiglio regionale, l’attivazione di una strategia di azioni integrate volte ad attenuare gli svantaggi socioeconomici legati al fenomeno dell’insularità e favorire contestualmente il riequilibrio territoriale interno, attraverso:

– il potenziamento del sistema di trasporto passeggeri e merci sia aereo che marittimo (continuità esterna);

– la valorizzazione della rete stradale e ferroviaria sarda, con una logica di connessione del sistema dei poli produttivi e di scambio con quello dei nodi intermodali di comunicazione (continuità interna).

Riguardo ai collegamenti aerei, la Regione intende proseguire nella politica di abbattimento delle soglie tariffarie e nell’ottimizzazione delle dotazioni portuali ed aeroportuali.

Per quanto riguarda i collegamenti marittimi e trasporto merci, l’azione regionale per il contenimento dei costi di collegamento si baserà sulle opportunità previste in merito dalla Legge finanziaria nazionale 2001, ove il Governo ha messo a disposizione la cifra di circa 15,5 milioni di euro, integrati dalla Regione, per un importo pari al 50 per cento delle somme a carico dello Stato, con il citato articolo 51 della Legge finanziaria regionale 2002.

Riguardo alla continuità territoriale interna, l’obiettivo prioritario per l’ottimizzazione delle fondamentali reti del trasporto è rappresentato dal “Completamento del Corridoio plurimodale Sardegna-­Continente” (misura 6.1 del Por), secondo una strategia articolabile in tre obiettivi fondamentali:

– il completamento della maglia viaria fondamentale, con la trasformazione della ss 131 in autostrada e la piena realizzazione del Programma triennale Anas;

– il governo della mobilità entro i maggiori contesti urbani;

– la riconduzione della rete ferroviaria agli standard europei e la conseguente costruzione di una rete del trasporto pubblico capace di confrontarsi con la rapidità ed il comfort propri del mezzo privato.

In quest’ambito è essenziale, ai fini operativi, l’aggiornamento delle previsioni e la verifica degli impegni contenuti negli Accordi di programma quadro (Apq) Viabilità e Ferrovie(2), in modo da dare certezza operativa al rapporto tra la Regione ed i grandi Enti del settore: Anas, Enac, le quattro società delle ferrovie: Trenitalia, Rfi (Rete ferroviaria italiana), Cargo (Merci) e Metropolis (stazioni ed immobili).

Per quanto attiene alla viabilità, l’aggiornamento dell’Apq provvederà a delineare, sull’intera rete regionale, da un lato il quadro delle risorse esistenti (a valere sui fondi Pop 94-99, Por 2000-2006, Pon trasporti, delibera Cipe Aree depresse, fondi pregressi Anas, Triennale Anas 2002-2004) e dall’altra il quadro delle cantierabilità necessarie al completamento della rete.

Per le ferrovie, è nota la condizione di estrema debolezza della rete, a cui si accompagna un progressivo decadimento della qualità dei servizi ferroviari. A questo riguardo parte non secondaria dell’aggiornamento dell’esistente Apq dovrà riguardare da un lato il rispetto dell’impegno per la messa in servizio dei “Pendolini” (o dei nuovi “Treni veloci regionali”, Tvr), dall’altro la definizione di specifiche linee di intervento rivolte sia al potenziamento del traffico merci (attualmente la linea ferroviaria nelle ore notturne è completamente inutilizzata) sia al processo di ammodernamento e di contestuale regionalizzazione dei sistemi ferroviari sin qui amministrati in concessione governativa.

 

 

2. La piattaforma logistica per il Mediterraneo

 

Un obiettivo di fondamentale importanza per la crescita economica e sociale della regione Sardegna risiede nella valorizzazione del ruolo di “piattaforma logistica” che l’isola rappresenta nei confronti delle dinamiche di mobilità del Mediterraneo, sia di merci, condotti e canali di trasporto dell’energia e dei combustibili, sia dei canali dell’informazione e come base per lo sviluppo tecnologico.

Risulta in tal senso fondamentale, in materia di trasporti ed energia, un’azione comune e determinata di tre soggetti: la Regione, l’Intergruppo Isole del Parlamento europeo e il Governo italiano. In particolare, una comune azione con la Corsica può rappresentare un’opportunità straordinaria per dare alla Sardegna un ruolo strategico sia nelle dinamiche nazionali che europeo-mediterranee. Si dovrebbe quindi aprire un tavolo di serrato e intenso confronto italo-francese, affinché venga avanzato a livello europeo un progetto di rilevante importanza che può sintetizzarsi nell’idea di un ponte tra l’Europa e il Mediterraneo. L’azione avrebbe risvolti decisivi e strategici principalmente nel settore dei trasporti e in quello dell’energia.

Dall’attuale situazione di forte debolezza degli scambi viene in tale direzione a definirsi, per l’intero bacino mediterraneo, una prospettiva di sviluppo di estremo interesse, derivata dalle convergenza di fattori esogeni ed endogeni, quali lo sviluppo del grande traffico internazionale, del cabotaggio e delle cosiddette “autostrade del mare”, l’intensificazione degli scambi, in modalità marittima, con le altre regioni europee ed in particolare con la penisola spagnola, il Nord Africa, la Grecia, lo sviluppo del transhipment, di attività industriali e lavorazioni in grado di aggiungere valore alla semplice operazione di trasferimento dei contenitori.

Inoltre, il processo attivato avrebbe riverberi significativi anche in termini di sviluppo del turismo, della crocieristica, nell’attivazione di collegamenti aerei diretti tra isole e regioni mediterranee, che potrebbero trasformare profondamente l’attuale assetto di bacino della regione, ad oggi ancora troppo segnato da un legame spesso esclusivo verso lo Stato di appartenenza, che condiziona gravemente gli scambi con le regioni confinanti (si pensi alla connessione aerea Sardegna-Corsica, attualmente inesistente).

 

Obiettivi/Azioni.L’obiettivo strategico che il Dpef perseguirà nel periodo 2003-2005 sarà quello di implementare delle politiche in grado di trasformare l’isola in una piattaforma logistica nel Mediterraneo, non soltanto per ciò che concerne l’ambizioso progetto di metanizzazione Sardegna-Europa, da realizzarsi con il ricorso al project financing(3), ma anche per quanto riguarda l’inserimento della regione negli spazi aperti dai nuovi mercati europei e la realizzazione del “ponte strategico nel Mediterraneo” tra la Sardegna e l’Europa sia nell’ambito dei trasporti che nell’ambito dell’energia. Infine un obiettivo risiede nell’attuazione dei programmi transnazionali finanziati dall’Unione europea, quali lnterreg, Medocc, Medair, finalizzati ad una comune strategia di sviluppo tesa all’incremento degli scambi tra le regioni del Mediterraneo europeo e la sponda nord del continente africano.

Di seguito si riportano le azioni caratterizzanti la politica in questione:

– progetto di metanizzazione “Sardegna-Europa”, il transito nel territorio sardo della condotta che porta il gas algerino verso la Toscana, passando anche per la Corsica con possibile diramazione successiva verso il sud della Francia. La soluzione del metanodotto transitante per la Sardegna con sbocco sul continente europeo rende sicuramente appetibile l’opera per i privati, che potranno realizzare l’intervento nel quadro delle regole e delle condizioni stabilite dal soggetto pubblico. In questo senso il progetto di metanizzazione Sardegna-Europa può costituire uno dei primi esempi di applicazione della legge obiettivo nella regione Sardegna;

– progetto “Autostrade del mare” attraverso la formulazione entro il 2003 del nuovo “Piano delle reti di trasporto transeuropeo”;

– attuazione del Programma di iniziativa comunitaria lnterreg III, nelle tre sezioni previste (Cooperazione transfrontaliera Italia-Francia, insieme alla Corsica e alla Toscana; Cooperazione transnazionale, insieme ad altre regioni italiane, spagnole, francesi, portoghesi e del Regno Unito; Cooperazione interregionale).

 

 

3. Le risorse idriche e il sistema del ciclo delle acque

 

L’approvvigionamento e la gestione delle risorse idriche della Sardegna costituisce un problema dalle molteplici articolazioni, ma la cui centralità è unanimemente condivisa. Insieme a gran parte delle regioni del Mediterraneo, la Sardegna è stata colpita negli ultimi decenni da intensi e prolungati periodi di siccità, dalle conseguenze particolarmente gravi in un sistema chiuso quale quello dell’isola, che non può quindi contare su apporti esterni. Nel passato si è cercato di rispondere al progressivo squilibrio tra una crescente domanda ed una contrazione delle disponibilità aumentando la captazione di acque sorgive e sotterranee, che ha provocato squilibri nelle falde idriche, come le intrusioni saline nelle aree costiere.

La gestione, soprattutto delle infrastrutture per gli usi idropotabili e dei relativi servizi, è caratterizzata da rilevanti problemi dovuti all’eccessivo numero di soggetti coinvolti (si tratta, nel dettaglio, di 33 soggetti), spesso portatori di interessi settoriali, con conseguente frammentazione, disordine e sperequazioni fra le varie zone dell’isola. Basti pensare che la sola gestione degli invasi è ripartita tra otto Consorzi di Bonifica, il Consorzio acquedottistico (Govossai) e due enti regionali (Ente autonomo Flumendosa, Ente sardo acquedotti e fognature).

Inoltre, nel settore irriguo si registrano alti consumi dovuti soprattutto al sistema tariffario. L’acqua, infatti, viene pagata sulla base della superficie irrigata e non dei volumi consumati. Tale situazione ha determinato finora comportamenti poco attenti nell’utilizzo della risorsa da parte degli operatori agricoli; ha, inoltre, disincentivato l’adozione di tecniche irrigue a basso consumo idrico e la modifica di alcuni ordinamenti colturali ad alto consumo.

Si impone pertanto, di arrivare ad una gestione sostenibile della risorsa idrica attraverso una gestione integrata della stessa, facendo ricorso alle tecniche di risparmio e di ottimizzazione dell’uso dell’acqua, nonché razionalizzando e riorganizzando il sistema delle competenze.

 

Obiettivi/Azioni. La terza linea strategica d’intervento del Dpef si pone un duplice obiettivo:

– risolvere il problema della siccità e del razionamento idrico, nella direzione di un sistema di gestione che migliori le attuali condizioni dell’isola, in relazione alle opportunità di connessione/interazione con l’interno/esterno, diventando in tal modo nuova ricchezza per la regione;

– migliorare la qualità e l’efficienza del sistema di irrigazione agricola, in modo da sostenere lo sviluppo di una delle principali fonti di reddito regionali, senza incidere sull’uso civile delle acque (es. irrigazione goccia a goccia, captazione e riuso). Necessario in questo senso anche il miglioramento dell’odierno sistema di condotte, che allo stato attuale comportano una elevata dispersione e spreco della risorsa idrica.

A tali esigenze risponde la strategia definita nel Por 2000-2006 e, sul piano operativo, la misura 1.1 “Ciclo integrato dell’acqua” finalizzata a garantire una sufficiente disponibilità di risorse idriche, convenzionali e non convenzionali, attraverso la razionalizzazione e la valorizzazione delle infrastrutture esistenti; la realizzazione delle interconnessioni tra gli invasi; la riduzione consistente delle perdite idriche nelle reti urbane; l’utilizzo di tecnologie che consentano il risparmio e il riuso della risorsa; il progressivo adeguamento, nei prossimi anni, agli standard di qualità, di servizio ed ambientali, previsti dalla normativa comunitaria e nazionale; il miglioramento della gestione del servizio; la realizzazione delle condizioni per l’avvio di un efficiente servizio idrico integrato; l’ingresso di gestori mediante il ricorso a meccanismi di concorrenza.

Dal 1° gennaio 2003, dunque, saranno disponili risorse finanziarie per l’ammontare di circa 501 milioni di euro (di cui circa il 70 per cento a valere sul Por) per il finanziamento delle azioni di sviluppo del sistema delle risorse idriche regionale.

Entro il dicembre 2002 potranno essere realizzati interventi di completamento e riqualificazione delle infrastrutture idriche di offerta primaria, gestite direttamente dalla Regione e dai suoi enti (schemi acquedottistici, sistemi di raccolta e accumulo, ecc.) e delle infrastrutture fognario-depurative, per le quali è previsto anche l’adeguamento agli obiettivi di tutela ambientale di cui al Dlgs 152/1999. In questa prima fase sono previsti anche interventi di riqualificazione delle reti idriche urbane, previa valutazione analitica e quantificazione delle perdite in rete, dando priorità a quelli per i quali è previsto il ricorso alla finanza di progetto.

Condizione per l’attuazione di tali interventi e per l’utilizzo dei finanziamenti è il rispetto di criteri e requisiti distinti per i due periodi di programmazione 2000-2002, 2003-2006 e, in particolare, l’organizzazione del servizio idrico integrato e del governo delle risorse, previsti dalla legge regionale 29/97, attuativa della legge Galli.

A tale riguardo, di recente è stato elaborato lo schema definitivo dello statuto dell’Autorità d’ambito, già sottoposto all’attenzione della Giunta regionale, per cui sarà poi possibile procedere alla convocazione degli organi che compongono l’Autorità.

Si tratta di adempimenti urgenti, sia perché rispondenti a precisi obblighi di legge, sia per le precise condizioni poste dal Qcs e dal Por, come presupposto per l’utilizzo dei fondi strutturali nel periodo 2003-2006 (70% delle risorse destinate al ciclo integrato dell’acqua, che ammontano complessivamente a 510,653 milioni di euro).

 La disponibilità di tali risorse, infatti, è subordinata all’adempimento, entro il 2002, dei seguenti obblighi:

– costituzione dell’Autorità d’ambito;

– effettuazione della ricognizione di tutte le infrastrutture;

– redazione ed approvazione del “Piano d’ambito”.

Gli stessi criteri, requisiti e adempimenti previsti dal Qcs sono richiesti per l’utilizzo dei fondi stanziati tramite le delibere Cipe a favore delle aree depresse, che ammontano complessivamente a 600,75 milioni di euro. Una quota considerevole è destinata al “Ciclo integrato dell’acqua” ed una parte di tali fondi (212,08 milioni di euro) sono stati programmati con l’Accordo di programma quadro “Risorse idriche-fognario-depurative, Fase 1 - 2000/2002” sottoscritto a Roma il 26 febbraio 2002, nel contesto dell’Intesa istituzionale di programma(2)sottoscritta in data 21.4.1999 ed integrata in data 13.3.2000.

In totale, la manovra finanziaria prevista nell’Apq “Risorse idriche-fognario-depurative, Fase 1 - 2000/2002” è di 859,39 milioni di euro, che costituiscono un sostanziale apporto alla risoluzione del problema dell’emergenza idrica in Sardegna.

Pur tuttavia, il fabbisogno complessivo stimato nella relazione tecnica allegata all’Apq è, per il comparto idro-potabile, di 1.060,80 milioni di euro e, per il comparto fognario-depurativo, di 1.536,46 milioni di euro. Rimangono pertanto da programmare 1.737,87 milioni di euro utilizzando le annualità dal 2003 al 2006 del quadro finanziario del Por Sardegna, le risorse derivanti dalle delibere Cipe ed altri eventuali fondi coordinando le politiche con un nuovo Apq da sottoscrivere nei primi mesi del 2003, a seguito dell’approvazione del Piano d’ambito.

Infine, la recente ordinanza del ministero dell’Interno, risalente al 12 aprile scorso, accogliendo le richieste su “nuovi poteri” del Presidente della Regione sull’emergenza idrica, consentirà, tra l’altro, di:

– costituire l’Autorità d’ambito e affidare incarichi a General contractor: “Il Presidente provvede, entro il 31 dicembre 2002, alla costituzione dell’Autorità d’ambito ed all’approvazione del piano tecnico finanziario di cui all’art. 11 della L.36 del 05/ 01/ 1994; provvede altresì all’approvazione del piano stralcio di bacino regionale per le risorse idriche; può anche avvalersi, ove ritenuto necessario a ragione della ricorrente somma urgenza, di Società speciali a totale capitale pubblico ed enti pubblici nazionali e regionali”;

– accelerare le Opere pubbliche («Il Presidente è autorizzato, in via transitoria e fino al 31 dicembre 2003, ad adottare specifici provvedimenti finalizzati all’accelerazione del completamento delle opere pubbliche volte alla riduzione dell’emergenza idrica ed in corso di realizzazione. I predetti provvedimenti potranno autorizzare la revisione del contratto d’appalto in essere, con riduzione dei tempi d’attuazione degli interventi, anche in deroga alle disposizioni di cui alla legge 109 del 1994».).

 

 

Politiche per la valorizzazione del territorio

 

Nel sistema regionale della Sardegna si riscontra una particolare ricchezza di opportunità e di fattori di sviluppo del territorio, che, attraverso opportune azioni di trasformazione, valorizzazione e marketing territoriale, possono trasformarsi in decisivi fattori di successo.

In questo senso l’azione della Regione Sardegna si deve orientare alla promozione turistica e alla contestuale valorizzazione del proprio patrimonio territoriale per una “messa a reddito” sia diretta (valorizzazione/gestione, alienazione), sia indiretta (rifunzionalizzazione sociale come volano di economie indotte). Le azioni/misure che si ritengono prioritarie in questo ambito sono:

– la “messa a rete” del sistema turistico, superando l’attuale conformazione territoriale per poli. Questa “messa a rete” va fortemente integrata al potenziamento del sistema infrastrutturale della mobilità (integrazione con la politica di rilancio); al proseguimento/consolidamento della promozione turistica della Sardegna nel suo complesso; alle politiche di agevolazione e incentivazione per il miglioramento della qualità ricettiva;

– la gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare regionale, intesa sia come valorizzazione culturale e turistica, sia come allocazione di funzioni reddituali che possono essere gestite direttamente dalla Regione, oppure da soggetti terzi. In questo senso sarà necessario procedere alla catalogazione del patrimonio e contestualmente, per quanto già conosciuto, procedere con studi e ricerche che ne definiscano le opportunità di valorizzazione, ricercando nel mercato di riferimento i target potenzialmente interessabili. Una linea di condotta è rappresentata dal ricorso (dove se ne evinca l’opportunità) alle innovative modalità di gestione quali il project financing(3)(per le funzioni di utilità sociale) e le Stu (Società di trasformazione urbana), per interventi di recupero e riqualificazione di ambiti territoriali. Per i singoli manufatti e/o proprietà sarà decisivo studiare modalità dì riqualificazione ad hoc, che possano essere anche alternative all’alienazione del bene;

– la riqualificazione delle aree minerarie. Questa azione è direttamente integrata con la precedente, ma richiede un’evidenza particolare per la ricchezza potenziale delle aree, sia sotto il profilo turistico, sia sotto quello fondiario. Le linee di azione possono svilupparsi verso la riqualificazione del sito per l’allocazione di attività ricettive realizzate a cura di soggetti terzi coinvolti dalla Regione, con precise indicazioni di tutela e salvaguardia dell’ambiente, oppure verso una riqualificazione di tipo “archeologico-culturale” per la fruizione turistica, con riferimento a pratiche di successo realizzate in altri contesti territoriali (parchi archeo­minerari).

 

 

Politiche per l’innovazione tecnologica

 

Gli elementi che fanno della Sardegna un luogo potenzialmente privilegiato per lo sviluppo dell’innovazione e della ricerca tecnologica, della società dell’informazione e della e-economy, risiedono nella stessa configurazione economica e territoriale della regione, che può vantare in questo ambito i seguenti punti di forza:

– l’esperienza di successo dei poli tecnologici;

– l’affermazione della e-economy, che rappresenta un riferimento per altre iniziative imprenditoriali e di relazione internazionale;

– la disponibilità delle aree e la qualità dei siti, congeniali ad accogliere attività di ricerca e di sviluppo tecnologico (bassa congestione, basso impatto inquinante, ecc.).

Anche queste potenzialità di sviluppo, comunque, risultano fortemente connesse alla realizzazione della continuità territoriale, attraverso il miglioramento del sistema infrastrutturale e dei sistemi di comunicazione. In questo senso si orienta la politica prioritaria per il rilancio del territorio, di cui un elemento strategico e decisivo è rappresentato dal potenziamento del sistema aeroportuale.

Le azioni relative alla politica per l’innovazione tecnologica previste dal Dpef possono sintetizzarsi in:

– sviluppo dei poli tecnologici, attraverso la promozione della Sardegna come luogo d’insediamento delle attività dell’innovazione e della e-economy. Correlazione diretta di questa azione sono le azioni per il potenziamento delle infrastrutture e la riqualificazione di aree periferiche ad alto potenziale insediativo (valorizzazione del territorio);

– potenziamento della società dell’informazione e della e-economy, attraverso il sostegno all’impresa in termini di adeguamento informatico e di adozione di tecnologie innovative, nonché con l’implementazione dell’e-governement e delle politiche di comunicazione dell’amministrazione pubblica;

– valorizzazione della ricerca, con il sostegno al sistema dell’offerta delle istituzioni universitarie e agli enti di ricerca, per giungere a stimolare la domanda delle imprese locali all’utilizzo di processi innovativi ed alla conseguente realizzazione di prodotti maggiormente competitivi.

 

 

Politiche per l’economia e per l’impresa

 

Il quadro complessivo dell’economia regionale, se pur con qualche segnale di miglioramento, rimane connotato dalla fragilità strutturale caratteristica delle regioni ricadenti all’interno dell’Obiettivo 1 e quindi in ritardo di sviluppo rispetto alla media delle regioni dell’Unione europea.

Tale ritardo strutturale è dovuto in buona parte al prevalere di specializzazione produttiva in settori a bassa intensità di lavoro, alla struttura imprenditoriale costituita principalmente da imprese di dimensioni eccessivamente ridotte, alla limitata specializzazione del sistema manifatturiero e, naturalmente, alla già citata inadeguata dotazione infrastrutturale dell’isola.

Le politiche per la valorizzazione dell’economia e del sistema imprenditoriale sono orientate, pertanto, alla rimozione degli elementi ostativi allo sviluppo, brevemente sopra accennati.

In particolare, gli obiettivi strutturali di tali politiche sono quelli di potenziare la capacità del sistema produttivo regionale di attrarre ed incentivare investimenti finanziari e produttivi dall’esterno e favorire le politiche di filiera attraverso la promozione dei sistemi produttivi locali, l’innovazione tecnologica e l’internazionalizzazione. Inoltre, si intende animare le imprese attraverso politiche di sgravio fiscale in grado di incrementare la competitività del sistema imprenditoriale rispetto al mercato extra-regionale, favorendo la specializzazione produttiva sarda nei settori a più alta intensità di lavoro e attenuando, viceversa, quella nei settori a bassa intensità di lavoro.

Per quanto concerne l’artigianato, la politica regionale è volta a promuovere e qualificare lo sviluppo del settore, attraverso la sua integrazione con la programmazione economica regionale. Particolare attenzione è posta alla tutela dei livelli produttivi ed occupazionali del comparto ed alle azioni mirate a facilitare il riassetto finanziario, tecnico ed economico delle imprese artigianali.

Il settore del commercio, negli obiettivi della Regione, dovrà essere incentivato principalmente attraverso la riqualificazione e lo sviluppo delle piccole e medie imprese del comparto, la promozione del sistema distributivo nei contesti urbani, nei centri storici e nelle aree rurali, lo sviluppo dell’associazionismo tra le piccole imprese del settore, in modo tale da consentire la realizzazione di azioni di animazione e promozione non frammentate e sporadiche.

Riguardo allo sviluppo del settore agricolo, il Dpef rileva che non può essere disgiunto da quelle che sono le dinamiche in atto non solo a livello comunitario, ma anche nel quadro internazionale. Pertanto, il concetto di settore “assistito” va mutando in un’articolazione più complessa.

Da un lato, il sistema sardo si contraddistingue per la capacità di realizzare prodotti di alta qualità sostenuti da un buon livello tecnologico, in grado di sostenere le sfide dei mercati mondiali (es. lattiero-caseario, vitivinicolo); dall’altro, si caratterizza per la connotazione di settore rifugio, con le conseguenti limitazioni derivanti dalla scarsa professionalità degli addetti, la frammentazione delle imprese, la difficoltà nell’introdurre know how adeguato.

Nel settore agricolo, il Dpef individua alcuni obiettivi prioritari:

– migliorare la competitività del sistema agro-alimentare attraverso azioni di valorizzazione e potenziamento del tessuto produttivo agricolo e dell’approccio per filiera;

– innalzare i livelli delle condizioni di vita in ambiente rurale, attraverso il sostegno dei redditi e dell’occupazione agricola, anche tramite la sincronizzazione degli strumenti di sviluppo rurale e l’integrazione settoriale;

– promuovere lo sviluppo sostenibile e la salvaguardia del territorio, favorendo la multifunzionalità dell’agricoltura.

Il lavoro, infine, rappresenta un tema strategico per l’economia regionale ed occupa una posizione trasversale all’interno delle politiche di crescita, risultando fortemente connesso a tutte le azioni di sviluppo settoriali poste in essere dalla Regione. Il Dpef pone in tal senso le basi tecniche e normative per poter affrontare, in un’ottica di breve/medio periodo, l’emergenza occupazionale in Sardegna attraverso interventi quali:

– fornire un sistema di agevolazioni ed incentivi agli investimenti produttivi sempre maggiormente aderente alle reali necessità del tessuto socioeconomico regionale;

– sviluppare e promuovere, in aderenza agli orientamenti del Por, le politiche attive del lavoro per prevenire e combattere la disoccupazione;

 – agevolare il reinserimento nel mondo del lavoro e favorire le pari opportunità;

– alimentare e stimolare una progettualità locale che veda interagire le comunità, i territori, le istituzioni e gli imprenditori attraverso piani integrati d’area e altri strumenti di pianificazione integrata;

– favorire l’occupazione nella e-economy.

 

 

Politiche per il benessere sociale

 

Le politiche per incrementare il benessere sociale si concretizzano, prioritariamente, nelle azioni della Regione nel campo della sanità, della famiglia e negli interventi volti a lenire il disagio sociale in senso lato.

Gli obiettivi individuati all’interno del Dpef, per ciò che riguarda il settore sanitario, al fine di rendere i beni e servizi offerti più rispondenti alle reali esigenze della collettività, in estrema sintesi, sono:

– utilizzare in maniera più razionale le risorse finanziarie e migliorare la qualità dei servizi offerti agli utenti;

– definire politiche per migliorare l’appropriatezza delle prescrizioni e il conseguente consumo dei farmaci, l’igiene della produzione e la commercializzazione degli alimenti.

Per la sfera concernente la famiglia, si punta a delineare un sistema integrato di politiche di crescita, con i seguenti principali obiettivi:

– porre in essere servizi volti a conciliare la vita familiare con la vita professionale, anche tramite la promozione di servizi per le famiglie presso le aziende pubbliche e private;

– incrementare le azioni di assistenza domiciliare e incentivare la nascita e la crescita di strutture per la prima infanzia, anche attraverso il coinvolgimento di organismi privati e del terzo settore;

– diffondere esperienze di aggregazione moderne e di qualità che rispondano alla domanda di tempo libero di minori, giovani e anziani, e favorire l’inserimento degli immigrati provvisti di permesso di soggiorno.

La Regione intende favorire lo sviluppo di una vera e propria economia sociale, improntata ad uno spirito di solidarietà coerente con criteri di efficienza organizzativa dei servizi, valorizzando in particolar modo le attività di servizio nate spontaneamente e sostenendo l’immissione nel mercato del lavoro delle fasce più deboli.

Le politiche regionali miranti alla valorizzazione del sistema ambientale sardo individuano quali obiettivi prioritari di settore:

– l’innovazione degli attuali sistemi di governo e di gestione delle risorse naturali e ambientali della Regione;

– la valorizzazione della qualità dell’ecosistema regionale attraverso l’integrazione delle politiche ambientali con gli interventi infrastrutturali, produttivi, dei servizi, ecc., per massimizzare il contenimento dei fattori di pressione e aggressione dell’ambiente.

La Sardegna può ancora costituire un riferimento europeo in tema di biodiversità ed in generale di “valore aggiunto ambientale”. Habitat e fauna, pur soggetti ad un progressivo indebolimento, costituiscono un patrimonio rispetto al quale sono giunti riconoscimenti che portano a ben 114 i siti classificati di interesse comunitario; le zone umide che costituiscono riserva privilegiata della biodiversità si concentrano nell’isola in misura assai superiore alla media continentale e rappresentano una parte significativa e qualitativamente rilevante di tali siti.

In tal senso la Regione, attraverso lo strumento programmatorio Dpef 2003-2005, intende favorire nuove opportunità di crescita e di sviluppo sostenibile, rimuovere le condizioni di emergenza ambientale, assicurare l’uso efficiente e razionale e la fruibilità di risorse naturali, con particolare riguardo alla tutela delle coste, adeguare e razionalizzare reti di servizio per acqua e rifiuti, garantire il presidio del territorio, preservando le possibilità di sviluppo nel lungo periodo e accrescere, così, la qualità della vita della popolazione.

In particolare, gli obiettivi per lo sviluppo della qualità ambientale previsti dal Dpef puntano in primo luogo a mantenere, riqualificare e potenziare le risorse di base; attuare le azioni di sviluppo e di riconversione produttiva, in termini di incremento dell’occupazione e di creazione di impresa, in condizioni di sviluppo innovative e sostenibili; mettere in atto politiche integrate di gestione di tutti i fattori che concorrono attualmente a ridurre la biodiversità e che, opportunamente riorientati, possono invece costituire uno dei caratteri qualificanti del “prodotto Sardegna”.

Per ciò che concerne la valorizzazione e conservazione del patrimonio, il Dpef adotta una logica di approccio integrato che dovrà rendere più visibili i vantaggi economici ed occupazionali derivanti dalle politiche di conservazione ambientale con la realizzazione di un pacchetto organico di interventi, con progetti integrati nei quali le politiche di tutela dell’ambiente naturale saranno coniugate con le politiche di valorizzazione anche a fini turistici, con le politiche di marketing territoriale, con le politiche di recupero dei centri storici e di valorizzazione delle emergenze archeologiche, storiche architettoniche e culturali.

 

 

Politiche per lo sviluppo delle risorse umane

 

Per la valorizzazione e lo sviluppo delle risorse umane, nel Dpef si individuano i seguenti obiettivi:

– integrare i sistemi (obbligo formativo, Ifts), in una sempre più accentuata diversificazione dell’offerta formativa, per renderla sempre più adeguata alle concrete esigenze del lavoro e dello sviluppo economico;

– intensificare l’impegno finanziario ed amministrativo della Regione per lo sviluppo progressivo di una rete di iniziative, eventi, strutture e servizi nell’ambito dello spettacolo, dello sport e del patrimonio culturale regionale;

– canalizzare le risorse verso le attività a maggior valore aggiunto sul piano culturale ed economico, garantendo, in tal modo, la crescita di un’occupazione particolarmente qualificata e l’incremento di un’offerta turistica destagionalizzata e diffusa sul territorio;

– riorganizzare e riqualificare la formazione professionale, in una visione sistemica, attraverso il perfezionamento di un complesso di standard nazionali di riferimento, dalla definizione dei requisiti minimi per l’accreditamento delle strutture formative alla certificazione dei percorsi;

– migliorare le condizioni di occupabilità degli individui in età lavorativa, secondo un approccio di tipo preventivo del fenomeno della disoccupazione, con particolare riferimento agli obiettivi strategici già assunti in merito dal Por.

 

 

Le riforme istituzionali

 

Anche la riforma della Regione rappresenta una priorità per il prossimo futuro. La pubblica amministrazione deve trasformarsi da vincolo per i cittadini e le imprese in promotore ed animatore di sviluppo. La funzione di programmazione degli interventi a sostegno dello sviluppo regionale, che costituisce da tempo “l’ordinario metodo di governo” (legge regionale 33/75) e la missione principale dell’Ente, con il prossimo massiccio trasferimento di competenze amministrative ai Comuni, si avvia a diventare preponderante nell’impegno di risorse umane, anche in termini quantitativi.

Dopo la riforma della dirigenza e l’affermazione del principio di separazione fra il potere di indirizzo politico-amministrativo e quello di gestione, sono stati compiuti dalla Regione alcuni passaggi atti a costituire una reale macchina amministrativa, che consenta alla dirigenza di adempiere al proprio mandato di attuazione dei Programmi operativi, previsti dalla legge regionale n. 31 del 1998. In particolare, con la legge regionale 23/99, ad ulteriore riforma del bilancio regionale, la Regione ha istituito le Unità previsionali di base (Upb), che rappresentano insiemi organici di risorse finanziarie affidate alla gestione di un unico centro di responsabilità amministrativa.

Il processo di organizzazione dell’ordinaria attività della Regione attorno alle Upb, tuttavia, non può dirsi definitivamente compiuto.

Per il Dpef, che ha il compito di condurre ad organicità, efficienza di spesa ed incisività il complesso dei programmi della Regione, costituisce obiettivo prioritario la piena rispondenza della macchina amministrativa alla natura dei programmi e progetti ed ai compiti richiesti da questi ultimi, i quali identificano la “gestione caratteristica” della Regione autonoma della Sardegna. Ciò significa che in cima alla piramide della logica organizzativa della Regione dovrebbero esservi proprio i programmi e progetti di sviluppo, quali configurati nel Dpef e negli atti di generali di programmazione (principalmente il Por), per cui i “servizi” dell’Amministrazione e le conseguenti responsabilità di gestione dovrebbero essere strutturati unicamente attorno ai progetti e programmi di sviluppo (“funzioni finali”) ed alle attività di supporto e controllo (“funzioni strumentali”).

I compiti di programmazione e di attuazione dei progetti di sviluppo o di supporto allo sviluppo regionale e locale richiedono organizzazioni interdisciplinari, fortemente finalizzate, snelle e con limitati livelli gerarchici, composte a matrice (rispetto a funzioni da svolgere e divisioni di competenze) per programmi o elementi di programma, anche secondo forme organizzative di “agenzia”.

Pertanto, il Dpef 2003-2005 propone l’obiettivo di una nuova legge sulla programmazione regionale che aggiorni e definisca, anche alla luce della programmazione delle risorse comunitarie, i principi ed i contenuti dell’azione regionale di pianificazione, fornendo indirizzi organizzativi coerenti con i compiti da assolvere per l’intera struttura regionale, ed in particolare per le strutture preposte al coordinamento dei piani generali.

In questa direzione, a partire dal coordinamento della Giunta regionale, è essenziale il ruolo dell’Autorità di gestione (Adg) del Por Sardegna 2000-2006, anche nell’ottica complessiva del Dpef, in quanto all’efficienza e all’efficacia amministrativa dell’Adg, in termini programmatici e gestionali/attuativi, è legata la quota più rilevante di risorse pubbliche destinate agli investimenti nella Regione per i prossimi anni e, in senso lato, anche la credibilità complessiva del “Sistema Sardegna”.

Centrale nella strategia di sviluppo della Regione è l’autonomia regionale, conseguente alla modifica del Titolo V della Costituzione, che rende ancora più autonoma l’attività della Regione nella partecipazione ai processi decisionali comunitari e aumenta le competenze in temi di accordi internazionali e di potere estero (art. 117, commi 5 e 9).

In questo contesto, e in continuità con gli indirizzi programmatici espressi negli anni precedenti, si inserisce anche il Nuovo Piano di Rinascita, quale strumento costituzionale della specialità dell’isola, specialità i cui principi fondativi andranno interamente rivisitati nei contenuti. Ma la revisione dello Statuto di autonomia non può che essere espressione di un’Assemblea rappresentativa delle migliori istanze della società civile e nella quale tutti i sardi possano riconoscersi.

Di qui la scelta da parte del Consiglio regionale di presentare al Parlamento nazionale una proposta di legge costituzionale istitutiva di una Assemblea costituente che sia espressione di tutte le forze politiche, sindacali e culturali della Sardegna. L’individuazione di nuovi valori fondanti l’autonomia, in termini di modernità e attualità, e di nuovi strumenti di autonomia non potrà che agevolare anche la realizzazione delle strategie di sviluppo previste dal documento programmatico.

Con questi indirizzi e con l’obiettivo di aumentare l’autonomia governativa della Regione, diventa quanto mai prioritario nel processo di riforma del sistema istituzionale della Regione la ricerca di una maggiore efficienza ed efficacia di governo basate sull’aumento del decentramento locale. Tale decentramento pone le sue basi sul processo già avviato con l’istituzione di altre quattro province e la modifica delle attuali circoscrizioni provinciali.

In questo senso la programmazione del triennio si sviluppa in stretta continuità con gli indirizzi programmatici degli anni precedenti. I criteri per tale processo di riforma possono quindi riconfermarsi in:

– istituire effettivamente le quattro nuove province;

– attuare il decentramento amministrativo trasferendo agli enti locali un quadro completo di compiti, responsabilità e funzioni oggi in capo alla Regione;

– stimolare le amministrazioni locali ad una maggiore avvicinamento verso il cittadino, (integrazione con le politiche della società dell’informazione);

– ripartizione delle materie fra Regione e Enti locali attraverso il principio di sussidiarietà, per aumentare la sinergia fra i ruoli centrali e locali.

 

 

Il sistema organizzativo

 

In questo contesto , le linee di indirizzo organizzativo per l’attuazione dei programmi relativi alle politiche definite, si basano su una corretta allocazione delle competenze e delle responsabilità presso i diversi Assessorati, coordinate attraverso l’azione di controllo e monitoraggio del Centro regionale di programmazione.

Questo modello organizzativo, che fa riferimento a quello della programmazione, gestione e monitoraggio del Por, si orienta principalmente verso due finalità:

– implementare le azioni programmate attraverso un sistema di gestione e controllo che ne permetta sia la sua corretta attuazione, sia un monitoraggio in itinere che valuti i risultati raggiunti e imposti le eventuali azioni correttive in caso di scostamento rispetto alle attese o per sviluppi non previsti (funzione di controllo e regia);

– rendere “unitario” il sistema di governo, attraverso la coazione dei diversi assessorati competenti, in modo da ottenere risultati completi e sinergici (cooperazione fra i servizi regionali per evitare dispersioni e inefficienze nell’implementazione dei programmi; unitarietà della programmazione).

 

 

Le politiche per l’accelerazione delle opere pubbliche

 

Problema centrale in ogni programma di sviluppo è armonizzare i tempi di attuazione delle opere previste con i tempi definiti nella programmazione. Ogni ritardo e/o scostamento potrebbero causare diseconomie ed inefficienze che renderebbero vane le azioni programmate e il conseguente non raggiungimento degli obiettivi.

In questo senso, e in relazione all’obiettivo di accelerazione dello sviluppo regionale, diventa quanto mai prioritario definire delle politiche di snellimento delle procedure di attuazione delle opere pubbliche e individuare modelli di realizzazione/gestione che supportino, integrino e sostituiscano le capacità gestionali e finanziarie dell’amministrazione pubblica. In questa ottica, le linee che il Dpef pone al centro dell’azione della Regione sono:

– dimezzare i tempi burocratici e dei processi attuativi;

– acquistare sul mercato efficienza ed efficacia per la realizzazione e completamento delle opere pubbliche;

– incentivare la partecipazione privata alla realizzazione/gestione delle opere pubbliche.

Una attenzione particolare deve essere data alle opere che sono già cantierate, ma che presentano ritardi nella loro realizzazione. In linea con quanto espresso sul monitoraggio dello stato di attuazione delle opere, è necessario individuare i cantieri dove sono attivabili azioni finalizzate all’accelerazione della conclusione, anche sul piano della revisione dei progetti e delle tecnologie applicate, che non comportino varianti, ma solo miglioramento delle performance, ricorrendo dove necessario alla revisione degli appalti.

 

 

Le politiche di partecipazione e coinvolgimento degli investimenti privati

 

Il quadro programmato e previsto delle opere infrastrutturali da realizzare sul territorio regionale non può trovare completo sostegno nelle risorse finanziarie pubbliche. È quindi necessario ricorrere al supporto di capitali privati, che possono trovare interesse di investimento.

Tale coinvolgimento, inoltre, non comporterebbe solamente il sostegno finanziario alla programmazione regionale, ma anche, attraverso la partecipazione, una integrazione più salda fra sviluppo economico e sviluppo territoriale.

In questo ottica, l’istituto più adeguato a cui fare riferimento è il sistema di convenzionamento con i soggetti privati e il modello europeo del project financing(3), quali strumenti di realizzazione e gestione che permettono un coinvolgimento diretto dei capitali privati e un controllo da parte dell’amministrazione pubblica. È necessario però che tali strumenti vengano interpretati nel modo corretto, per superare la criticità attuale e la scarsa applicazione fino ad oggi registrata in campo nazionale.

Per il superamento di questa problematica gli elementi sostanziali sono di livello politico, con l’accreditamento a livello istituzionale del ricorso al project financing, e di livello operativo, con la definizione dei quadri di valenza tecnica ed economica dei diversi interventi programmati.

In questo senso è possibile aprire un confronto chiaro e diretto con gli operatori di mercato, che possono quindi valutare, concertando con la Regione, il loro coinvolgimento.

All’interno della programmazione, quindi, le azioni che devono essere messe in atto per dare impulso al ricorso al project financing sono:

– analisi delle opere pubbliche in programma ed individuazione delle opportunità di ricorso al project financig e ad altre forme di partecipazione di capitali privati;

– definizione dei piani di attuazione;

– individuazione all’interno delle politiche definite e delle programmazioni regionali in atto di programmi/trasformazioni gestibili attraverso il ricorso a modalità innovative di gestione;

– disegno di legge regionale per le modalità di ricorso al project financing per la realizzazione delle opere pubbliche, già in parte introdotto dall’art. 15 della Legge finanziaria regionale 2002.

 

 

 La politica delle entrate

 

Obiettivo fondamentale della politica regionale è quello di assicurare un livello di entrate tale da garantire il finanziamento delle politiche individuate per l’effettivo sviluppo della Sardegna.

Per contro, da tempo, si assiste ad una lenta e continua erosione delle entrate regionali.

Nel Dpef si rileva in primo luogo una progressiva diminuzione delle assegnazioni statali, oggi accentuata e giustificata dall’affermarsi di principi ispirati al “federalismo fiscale”, ma non adeguatamente controbilanciate da un incremento delle entrate proprie.

In secondo luogo si registra un rallentamento del fisiologico trend di crescita delle risorse tributarie, causato sia dalla soppressione di alcuni tributi compartecipati (senza prevedere, in alternativa, una compartecipazione ad altri tributi erariali) sia per l’applicazione di nuove riserve che hanno attribuito, al fine di risanare la finanza pubblica, in via esclusiva allo Stato il maggior gettito derivante dall’aumento delle aliquote e delle tariffe dei tributi compartecipati.

L’obiettivo strategico nel triennio 2003-2005, pertanto, è la revisione del Titolo III dello Statuto regionale, con lo scopo di equiparare le entrate tributarie della Sardegna a quelle delle altre regioni a statuto speciale, in attuazione dell’Accordo stipulato col Governo il 22 novembre 2001.

Entro il 2003, e nelle more di tale revisione, la Regione intende dare piena attuazione ai seguenti punti dell’Intesa istituzionale di programma(2):

– ricostituire il livello delle entrate proprie, sia attraverso la revisione delle quote di devoluzione del gettito tributario previsto dalle lett. a), b), c), d) di cui all’articolo 1 della legge 13 aprile 1983, n. 122 , sia attraverso la determinazione in quota fissa della devoluzione dell’Iva di cui alla lett. g) del medesimo articolo;

– verificare le modalità di calcolo delle devoluzioni al fine di garantire che, tra le quote di spettanza regionale, siano comprese anche quelle afferenti ai redditi prodotti dalla Regione che sono versate ad uffici situati fuori dal territorio regionale.

A tal fine, la Regione si attiverà affinché, nell’immediato, sia resa operativa la Commissione paritetica prevista dalla citata Intesa.

Tale Intesa, peraltro, non deve essere considerata come sostitutiva di quanto previsto dall’art. 13 dello Statuto (il Piano di Rinascita), per il quale la Regione ha già avviato il confronto con lo Stato, al fine di pervenire alla sua approvazione entro il 2003.

La progressiva contrazione dei trasferimenti statali, legata all’affermarsi dei principi del federalismo fiscale, inoltre, rende opportuno l’avvio di una fase di concertazione con i soggetti istituzionali e le parti economico-sociali regionali al fine di individuare entrate proprie.

 

 

La politica delle spese

 

Il conseguimento del mantenimento dell’indebitamento, impone un’azione costante di contenimento e razionalizzazione della spesa.

Pertanto, il processo di formazione del bilancio deve essere impostato su una rigorosa riconsiderazione degli interventi, i quali devono essere ridimensionati all’effettiva capacità di spesa della Regione.

La manovra di bilancio dovrà, quindi, essere impostata come segue:

– non deve includere nuovi o maggiori interventi e, nell’eventualità di un loro inserimento, la relativa copertura deve essere necessariamente ricercata nelle risorse previste dalla vigente legislazione, conseguentemente, gli accantonamenti nel fondo per nuovi oneri legislativi sono circoscritti ad una riserva per il cofinanziamento delle iniziative ammesse a contributo comunitario;

– le spese di funzionamento devono essere limitate a quelle strettamente legate al soddisfacimento di obbligazioni in essere ed a quelle volte a garantire le normali attività amministrative, escludendo quelle finalizzate al soddisfacimento di nuovi o maggiori bisogni;

– le spese per il personale devono essere limitate alle sole “presenze”, pertanto non dovranno essere previste nuove assunzioni – salvo motivate eccezioni – ma dovrà essere impostata una politica di riorganizzazione del personale, anche attraverso la riallocazione, la formazione, la riconversione e la riqualificazione dello stesso;

– la spesa corrente in genere, ivi compresi i trasferimenti a qualsiasi titolo, deve subire un abbattimento progressivo annuo del 5 per cento;

– non devono essere previsti ulteriori stanziamenti per quelle spese di investimento o in conto capitale che presentino consistenti residui o non abbiano raggiunto il limite di impegno dell’80 per cento previsto dall’articolo 1, comma 20, lett. a), della legge finanziaria 2001;

– per quanto concerne i trasferimenti a favore degli enti strumentali, per essi vigono, in quanto applicabili, le limitazioni di cui sopra e i trasferimenti ad essi assegnati sono fissati nella misura prevista per l’anno 2002, anche in previsione della loro riforma; in particolare, con riferimento al contenimento delle spese, si conferma quanto già disposto nell’esercizio precedente: le spese di rappresentanza non possono superare i 3.099 di euro e le spese di personale devono essere limitate alle presenze; è fatto divieto di nuove assunzioni anche in turn over.

Come può evincersi dai criteri sopra rappresentati, deve essere attuata una rigorosa politica di eliminazione delle spese improduttive e di riqualificazione di quelle di difficoltosa utilizzabilità, a beneficio dei settori di spesa “portanti” e funzionali allo sviluppo.

 

(1) Sintesi del Dpef elaborata dalla redazione, con integrazioni.

(2) Sullo stato di attuazione degli Accordi di programma quadro nell’ambito dell’Intesa istituzionale di programma Stato-Regione, vedasi anche il numero 5-6/2001 di “Sardegna industriale”.

(3) Sul “project financing” vedasi il numero 3/2000, monografico, di “Sardegna industriale”.