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Editoriale

Una nuova strategia per il polo di Portovesme

Porto Torres: attesa per il piano industriale di E.On

In forse il progetto miniera-centrale elettrica

Le nuove strade dell'energia

Le nuove reti di distribuzione del gas

Centrali pulite nel rispetto dell’ambiente

Sintesi del Piano energetico ambientale regionale

 

Una nuova strategia per il polo di Portovesme

 

Per la soluzione del problema energia nell’isola, ed in particolare nel polo di Portovesme, il Governo intende operare su due linee: per il medio periodo, sviluppare nuove infrastrutture energetiche (cavo Sapei e gasdotto Galsi); per il breve, creare un mix di interventi a sostegno delle industrie, come la creazione di consorzi di acquisto europei. Uno scenario, secondo i sindacati regionali, non più sardo che vedrà l’isola subire scelte altrui e dove non troverebbe più spazio il progetto miniera-centrale.

 

Il commissario europeo alla Concorrenza Neelie Kroes
Il commissario europeo alla
Concorrenza Neelie Kroes

Non ha avuto grande risalto sui media l’assemblea tenutasi a Carbonia l’11 luglio scorso, eppure, forse per la prima volta, si è capito veramente quale potrebbe essere il futuro delle aziende “elettrointensive” (comunemente definite “energivore”) sarde. Un futuro che sarà giocato sul tavolo doppio Governo centrale-Commissione europea, con la Sardegna a fare da preoccupato spettatore.
Chiamati a raccolta dal sindaco Salvatore Cherchi, parlamentari, consiglieri regionali, politici locali, imprese e sindacalisti hanno affollato l’aula consiliare del Comune per parlare dell’annosa vertenza energia.
Un’aula nella quale sembravano echeggiare le parole pronunciate pochi giorni prima in un’altra aula, quella del Senato, dal ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, rispondendo a un’interrogazione dei parlamentari sardi Antonello Cabras e Francesco Sanna. Nella circostanza, il Ministro ha dichiarato che intende seguire la strada aperta dal suo predecessore, Pierluigi Bersani, lavorando d’intesa con l’Autorità per l’energia, in attesa della conclusione della pratica “tariffe speciali”, ancora all’esame della commissaria europea alla concorrenza, Neelie Kroes. Sarà il sistema Virtual power plant (Vpp) a tamponare – non a risolvere – il problema delle tariffe, almeno per i prossimi due-tre anni, quando saranno messi in cantiere gli strumenti per rendere più competitivo il mercato elettrico nazionale. ll Vpp consiste, in pratica, nella creazione tramite legge di un operatore virtuale di energia, che amplierebbe il panorama degli attori sul fronte dell’offerta e, automaticamente, abbasserebbe il prezzo finale ai grandi utenti. Un provvedimento all’adozione del quale l’Ue subordinerebbe l’accantonamento della procedura di infrazione aperta contro le tariffe a favore delle energivore sarde.

Il ministro per lo Sviluppo economico, Claudio Scajola
Il ministro per lo Sviluppo
economico, Claudio Scajola

Le parole pronunciate al Senato dal Ministro hanno lasciato intravvedere una strategia chiara, con percorsi intermedi e finali già definiti. «Ci muoviamo su due linee. La prima, nel medio termine, consiste in uno sviluppo significativo di nuove infrastrutture energetiche (leggi cavo Sapei e gasdotto Galsi), che possa consentire – con la diversificazione delle fonti e l’incremento dell’offerta – di ridurre il costo energetico per le imprese cosiddette energivore. La seconda azione, rivolta al sistema europeo, è finalizzata a definire un mix di interventi a sostegno delle industrie per ridurre le sperequazioni nei costi. Si tratta di un sostegno diverso dagli strumenti utilizzati nel passato, cioè le tariffe speciali, oggi contestate da Bruxelles. Pensiamo – ha proseguito il Ministro – alla creazione di consorzi di acquisto europei, alla liberalizzazione dei contratti di lungo termine, alla realizzazione di nuovi elettrodotti che aumentino in modo adeguato la capacità di interscambio».
Il ministro Scajola ha parlato anche di nucleare. «Le analisi tecnico-economiche disponibili mostrano una convenienza sui costi di produzione rispetto ad altre fonti, pur nell’incertezza delle previsioni dell’andamento del prezzo del petrolio e del gas, notoriamente oscillanti. Non escludiamo che sia possibile definire modelli contrattuali tra produttori e consumatori di energia che anticipino sui contratti futuri i benefici in termini di riduzione di costi attesi. L’esperienza maturata altrove (il ministro ha citato l’esempio della Finlandia, ndr) dimostra che, quando i tempi di realizzazione e di entrata in servizio degli impianti nucleari sono definiti con certezza, diventa possibile per le imprese elettrointensive definire contratti di approvvigionamento di lungo periodo, in cui si anticipano sconti, o riduzione del prezzo, a fronte dell’impegno delle imprese a partecipare al finanziamento della costruzione della centrale nucleare».

 

«Per quanto riguarda la procedura europea di contestazione per il regime agevolato delle tariffe – ha continuato Scajola – intendiamo proseguire questo dialogo con l’Europa, sperando di avere qualche soddisfazione, pur sapendo che la contestazione nei confronti dell’Italia è molto forte. È stato assunto l’impegno con la Commissione europea di integrare il piano di interventi già proposto con ulteriori misure di promozione della concorrenza, quali la cessione di capacità produttiva virtuale nei territori caratterizzati da una limitata interconnessione elettrica. Coerentemente – ha concluso il Ministro – sarà necessario proporre una norma di legge, che mi auguro possa avere un percorso celere, per definire i modi di attuazione di tale misura e che ci metta al riparo da ulteriori contestazioni europee».

Il sindaco di Carbonia, Salvatore Cherchi
Il sindaco di Carbonia,
Salvatore Cherchi

Nell’assemblea di Carbonia è stato ribadito, da più parti, che lo scenario non è più sardo e che, a prescindere da chi governi, l’isola dovrà subire scelte altrui. Nell’intervento del “padrone di casa”, Salvatore Cherchi, la questione è stata individuata e definita con efficacia, e dalle parole del primo cittadino è emersa la consapevolezza che la partita energia potrebbe non andare di pari passo con quella del carbone.
Carbone che invece, fino a ieri, costituiva la componente essenziale della soluzione strutturale “Miniera Nuraxi Figus - Centrale elettrica”, con produzione di energia derivata dalla gassificazione del carbone Sulcis.
«Sulle tariffe speciali – ha detto il sindaco di Carbonia – non esistono vie di mezzo: o la soluzione indicata dal Governo è utile ad abbattere le tariffe, o non lo è. Sinora siamo andati avanti con contratti bilaterali o con provvedimenti tampone sub judice, ma adesso dobbiamo uscire dalla posizione di stallo, così come dobbiamo dire che il progetto miniera-centrale non è ben messo in sede europea. Noi dobbiamo però salvare comunque la miniera e quello che essa rappresenta, anche “esportando” carbone a Fiume Santo, ma forse quest’ultimo aspetto merita riflessioni più attente».
Cherchi ha annunciato pubblicamente una “sofferenza” della gara per la centrale, modo elegante per dire che la Commissione ha sospeso il suo indispensabile sì al progetto integrato, perché troppi tasselli puzzano di aiuto di Stato, a cominciare dalle agevolazioni che arriverebbero dal vecchio Cip 6 (norma ultra decennale che finanzia le produzioni di energia da fonti alternative, fra le quali il carbone).

L'assessore regionale dell'Industria, Concetta Rau
L'assessore regionale
dell'Industria, Concetta Rau

L’assessore regionale dell’Industria, Concetta Rau, intervenuta subito dopo, è andata anche oltre, impegnandosi comunque nella difesa della miniera «comunque vada la trattativa con Bruxelles». Il che significa: siccome Carbosulcis deve vendere circa un milione di tonnellate annue di carbone per andare in pareggio o in utile, se non lo potrà fare a Portovesme lo farà altrove. Anche a Fiume Santo, ha sottolineato il presidente Soru, se si presenteranno l’occasione e la possibilità.
Oltre agli interventi di politici e sindacalisti, da segnalare il contributo dell’amministratore delegato della Portovesme srl, Carlo Lolliri, tra coloro che più si sono impegnati ed esposti in questa vertenza: «I nostri vertici ci hanno dato il via libera all’autoproduzione di energia, per contrastare le alte tariffe elettriche. Abbiamo chiesto di costruire una centrale da 150 megawatt, ma ci è stato detto di no. Abbiamo rilanciato col parco eolico a Guroneddu e ci è stato ripetuto che non andava bene. Non ci siamo arresi, e stiamo continuando a trattare con la Regione alla ricerca di una soluzione. Ma siamo quasi allo stremo, va messa la parola fine a questa attesa. Chiediamo un forte impegno delle parti sociali, a tutti i livelli, perché agiscano sul governo nazionale affinché chiuda con Bruxelles la questione degli alti costi energetici».
Non c’è quindi da meravigliarsi se le organizzazioni sindacali, ai massimi livelli regionali, hanno chiesto un incontro urgente al Governo, annunciando un autunno caldo se non arriveranno le risposte tanto attese. «Avevamo previsto che l’estate sarebbe trascorsa invano – sottolinea Fabio Enne della Cisl –. Di passi avanti non ce ne sono stati, le questioni sono ancora tutte in piedi. Abbiamo solo perso, ancora una volta, del tempo prezioso».

 

Che il clima dell’assemblea non fosse dei più allegri, lo si è capito anche dall’intervento del senatore Pd, Francesco Sanna. «La soluzione che l’Italia porterà avanti col sistema del Vpp non sarà indolore. Avrà dei costi che si scaricheranno sul sistema elettrico sardo, che risulterà meno appetibile per i prossimi anni. Le centrali in esercizio avranno un valore di mercato più basso, perché dovranno cedere una parte di energia a prezzi ridotti anche del 50 per cento rispetto agli attuali. Forse non tutti i soggetti istituzionali e politici hanno valutato con attenzione l’impatto di queste scelte. Comunque – ha proseguito Sanna – attendiamo che l’impegno assunto dal ministro si concretizzi in una proposta legislativa, alla quale daremo il nostro contributo positivo, che consenta la chiusura del negoziato con l’Unione europea e renda possibile la prosecuzione dell’attività e i nuovi investimenti in tecnologia nel settore delle imprese energivore. In Sardegna, in particolare, guardiamo a una tecnologia che si sviluppi sul versante dell’uso del carbone pulito, un po’ meno su quello del nucleare».
Stabilimento dell'Alcoa Trasformazioni srl di Portovesme: linea taglio placche di alluminio
Alcoa Trasformazioni srl di Portovesme: linea taglio
placche di alluminio
Pochi giorni prima dell’assemblea di Carbonia, il Ministro per lo Sviluppo economico aveva firmato il rapporto finale che la Direzione generale per la Concorrenza aveva chiesto al Governo italiano, in merito all’indagine aperta dalla Commissione Ue sulla proroga del regime tariffario “speciale” per le “elettrointensive” sarde. Il documento preannuncia la soluzione auspicata dall’Ue, vale a dire un programma di uscita dal regime tariffario speciale diluito in due anni e recepito in legge nazionale.
Le decisioni di Bruxelles sono attese con ansia ma tardano ad arrivare: prima si parlava di giugno, poi di settembre (anche per i ritardi della risposta italiana), adesso non si indicano più neppure scadenze.
In questo clima di perenne incertezza, nella zona di Portovesme comincia ormai a diffondersi una buona dose di sfiducia nei confronti delle autorità politiche regionali e nazionali, che sembrano soffrire di una sorta di sudditanza nei confronti degli organismi europei e peccano della necessaria determinazione. «Sembra che per le nostre industrie – osserva amaramente Roberto Straullu, segretario provinciale Uilm – non ci sia mai stato veramente l’impegno che si richiede per dare certezze al futuro del settore metallurgico. Portovesme garantisce complessivamente oltre 3 mila posti di lavoro, ai quali vanno ad aggiungersi quelli di un indotto che abbraccia vari settori (commercio, artigianato, servizi all’agricoltura, pesca). Negare la sopravvivenza del polo industriale significa ordinare lo spopolamento del Sulcis e dell’Iglesiente. Disponiamo di un’economia basata sulla metallurgia e non è sensato spezzare la spina dorsale del territorio».
Sulla situazione complessiva delle industrie di Portovesme prende posizione anche Giovanni Matta, della Cisl, sollecitando le istituzioni: «Nonostante reiterate sollecitazioni, il Governo non ha ancora convocato nessun incontro, mentre la Regione brilla per il suo silenzio».
Alla preoccupazione del sindacato si è aggiunta, a fine settembre, la rinnovata bagarre politica, quando i senatori del gruppo Pd della commissione Attività produttive, sollecitati dai sardi Sanna e Cabras, assieme a Giorgio Oppi (Udc), hanno presentato un sub-emendamento al disegno di legge stralcio per le questioni energetiche, che prevede una speciale procedura per l’isola. «Ci aspettavamo – ha dichiarato Francesco Sanna – che il Governo mantenesse l’impegno, ribadito da Scajola a luglio, di presentare un apposito provvedimento di legge. Poiché questo non è accaduto né in occasione della manovra approvata prima dell’estate, né con lo stralcio della manovra finanziaria che riguarda i settori produttivi e l’energia, abbiamo assunto l’iniziativa dell’emendamento».
Nel testo presentato si fa riferimento alle aree caratterizzate «da una limitata interconnessione con le reti elettriche», com’è sicuramente la Sardegna, suggerendo misure «finalizzate ad ampliare l’offerta di energia e la concorrenza nel mercato elettrico, anche mediante strumenti quali l’acquisizione e la cessione di capacità produttiva virtuale».
All’iniziativa dei parlamentari hanno fatto da contraltare le dichiarazioni di Claudia Lombardo, responsabile di Forza Italia per il Sulcis-Iglesiente. «Nessuna marcia indietro: il Vpp si farà entro i tempi richiesti dall’Ue. Ho avuto conferma dal ministero dello Sviluppo economico – ha detto – che il provvedimento è oggetto di indispensabili approfondimenti da parte dei ministeri interessati, e che verrà presentato nei tempi richiesti dalla Direzione generale della Concorrenza».
Intanto, ogni giorno che passa il polo metallurgico più importante d’Italia continua a perdere posizioni rispetto ai concorrenti europei e mondiali. Le tre principali aziende – Eurallumina, Portovesme srl e Alcoa – ciascuna con problemi e posizioni diverse rispetto alla partita energetica, appartengono tutte, direttamente o meno, alle maggiori multinazionali mondiali del settore. Individuare col bilancino ricavi e perdite di ciascun stabilimento non è operazione facile e, in questa fase, forse neppure utile: importante invece sottolineare che le multinazionali, che negli anni passati hanno investito milioni di euro (e vorrebbero investirne ancora), possono resistere alla bufera, anche in questo periodo di magra. Purché la bufera non si trasformi in un uragano.
È questa la preoccupazione espressa dai sindacati ai primi di ottobre, con l’appello lanciato dai segretari regionali di Filcem Cgil (Giorgio Asuni), Femca Cisl (Gianni Basciu) e Uilcem Uil (Mario Crò), che hanno indirizzato una lettera-appello ai parlamentari sardi, al Presidente della Regione, all’Assessore all’Industria e ai leader nazionali del sindacato. «Abbiamo appreso – scrivono i sindacati – con enorme preoccupazione che, dopo la bocciatura della legge 80/05 da parte della Commissione europea, il governo nazionale starebbe lavorando a un nuovo provvedimento legislativo finalizzato a garantire tariffe energetiche agevolate all’alluminio e alla siderurgia, escludendo però il settore dello zinco e del cloro sardo».
I tre sindacalisti sottolineano che «il solo settore dello zinco in Sardegna occupa circa 1.500 lavoratori tra diretti e indiretti. Vanta un fatturato annuo di circa 500 milioni di euro e funge da volano produttivo per tutta l’economia locale, garantendo un fatturato indotto di ulteriori 400 milioni di euro. Produce circa 120 mila tonnellate all’anno di zinco, a fronte di un fabbisogno nazionale pari a 360 mila». Nessun dubbio: «Un disimpegno del Governo nazionale verso tali settori produttivi significherebbe per il territorio sardo un collasso economico di proporzioni inimmaginabili».

Linea elettrolisi nello stabilimento dell'Alcoa Trasformazioni, a Portovesme
Linea elettrolisi nello stabilimento dell'Alcoa
Trasformazioni, a Portovesme
Alcoa -
In attesa delle decisioni europee sulla proroga sino alla fine del 2010 della tariffa elettrica preferenziale per l’alluminio primario, Alcoa è costretta – per poter ricevere dalla Cassa conguaglio del Sistema elettrico il rimborso previsto per realizzare la tariffa preferenziale – a rilasciare una severissima garanzia fideiussoria di pari importo, come chiarisce l’amministratore delegato Giuseppe Toia.
«Siamo ovviamente soddisfatti per l’incasso della compensazione tariffaria dovutaci, avvenuto a luglio – dichiara – ma allo stesso tempo molto preoccupati perché resta da risolvere il nodo principale della pronuncia di Bruxelles. Il clima di attesa riguarda anche l’interazione in atto tra il Governo italiano e la Commissione per formalizzare lo schema di Vpp, come strumento temporaneo di soluzione “di mercato” al problema delle tariffe energetiche. Un’operazione che si dovrebbe concludere con l’emissione di un atto formale da parte dell’Autorità per l’Energia, sulla base di una norma di legge di iniziativa del Governo».
Malgrado lo scenario generale resti di un preoccupante colore grigio, Alcoa – confortata dalle assicurazioni del Governo sulle interazioni con Bruxelles – conferma tutti gli impegni assunti sia in termini di produzione che di investimenti a breve-medio termine. Si tratta di ingenti somme, relative a interventi conservativi e di adeguamento degli impianti, che testimoniano le attenzioni della “casa madre” verso lo stabilimento sardo.
Tornando alla questione delle tariffe, Giuseppe Toia allarga lo sguardo e sostiene che l’esempio di quanto succede altrove dovrebbe mostrarci la strada maestra. «A livello europeo, il problema di garantire prezzi competitivi alle produzioni “elettrointensive” è molto sentito e si studiano soluzioni per scongiurare il rischio della delocalizzazione dei produttori di base». A dimostrazione del fatto che le soluzioni, se si cercano, si trovano, Toia porta due esempi, illuminanti e significativi.
Il primo arriva dalla Norvegia, dove la Hydro ha firmato con Vattenfall un contratto della durata di otto anni per la fornitura di quasi 18 TWh (terawattora) a partire dal 2013. Si tratta di uno dei più importanti contratti transfrontalieri sottoscritti dopo l’integrazione del mercato energetico nordico, avvenuta all’inizio degli anni novanta. Hydro ritiene che l’accordo sia la base per la prosecuzione profittevole dell’attività produttiva presso l’impianto di alluminio Soral a Husnes, stabilimento in parte di proprietà della stessa Hydro.
L’altro esempio è quello della Francia, dove è stato accolto – con il plauso del primo ministro François Fillon e il benestare della Commissione europea – l’accordo denominato “Exeltium” concluso tra un consorzio composto da una quarantina di imprese grandi consumatrici di energia e l’ente elettrico EDF. Con questo accordo, le industrie si assicurano per ben 24 anni un approvvigionamento elettrico sicuro e a prezzo stabile. Una nota dell’ufficio stampa del Primo Ministro francese (il che la dice lunga sull’importanza attribuita alla vicenda a livello governativo) rileva che «la firma del contratto è determinante per la competitività delle industrie fortemente energetiche in un contesto che vede il prezzo dell’energia in continuo aumento. L’accordo contribuirà alla permanenza e allo sviluppo sul territorio nazionale di numerosi siti di produzione industriale».
«Purtroppo in Italia, Sardegna compresa – osserva l’amministratore delegato di Alcoa – non si capisce quale strano pudore impedisca di prendere atto che la produzione manifatturiera meccanica è una voce fondamentale nel Pil nazionale, che il mercato dell’alluminio è fra i più importanti nello scacchiere economico, che la continua perdita di competitività sui mercati internazionali mette le aziende in condizioni di cercare localizzazazioni meno penalizzanti».
«Questo non significa – ribadisce per l’ennesima volta Giuseppe Toia – voler alimentare le voci, che ogni tanto si rincorrono, di fughe e disimpegni. Anzi, tengo a ribadire che continuiamo ad avere “il coraggio dell’ottimismo” e a credere nel nostro stabilimento sardo. Mi preme invece sottolineare che, al punto in cui si è giunti, la partita la deve giocare il Governo italiano, che deve assumere una posizione decisa e definitiva su una vertenza che si trascina da troppo tempo ed è perennemente condizionata dal “vaglio” dell’Unione europea».
Le soluzioni transitorie ormai non servono più. L’esperienza altrui insegna che si possono percorrere altre strade, senza che Bruxelles abbia alcunché da eccepire. L’importante è rompere gli indugi. «Anche perché – conclude Toia – sullo scenario di lungo periodo diventerà determinante anche il discorso dell’impatto dell’emissione di CO2 sul costo di produzione dell’energia». Si tratta di una questione complessa, attualmente all’esame e allo studio degli organismi europei, ma anche dei singoli Stati dell’Unione.
Per capirne le diverse implicazioni, occorre appropriarsi di una serie di nozioni e termini relativamente nuovi e poco conosciuti: la Direttiva Eu Ets del 1° gennaio 2005, con la quale l’Europa richiede alle imprese la gestione (monitoraggio e reporting) delle proprie emissioni di gas serra; i meccanismi flessibili individuati dal protocollo di Kyoto, che sono: Joint implementation (Applicazione congiunta), Clean development mechanism (Meccanismo di sviluppo pulito) ed Emission trading (Commercio dei diritti di emissione); il conseguente mercato dei “permessi negoziabili di emissione”, in virtù del quale gli operatori economici degli Stati aderenti possono acquistare “riduzioni virtuali” di emissioni da altri operatori; e via approfondendo.
Uno dei settori sui quali l’impatto economico di tali meccanismi è più rilevante è quello della generazione elettrica, responsabile di una quota molto significativa di emissioni generate dalla combustione del carbone e dei prodotti petroliferi.
Tematiche complesse alle quali, in uno dei prossimi numeri, Sardegna industriale dedicherà un approfondimento.

Portovesme srl - Non tanto diversa la situazione alla Portovesme srl, dove da anni, con la chiusura dell’Imperial Smelting e nell’attesa degli investimenti – legati alla certezza di tariffe energetiche competitive – si vive cercando di salvare la produzione e di evitare l’uscita dei lavoratori dal ciclo produttivo.
«Le soluzioni contingenti e provvisorie sinora adottate – sottolinea l’amministratore delegato di Portovesme srl, Carlo Lolliri – servono esclusivamente ad assicurare la mera sopravvivenza, ma non consentono di garantire gli investimenti, soprattutto quelli a lungo termine, che costituiscono la sola possibilità di sviluppo». Fra l’altro, con l’autunno si è aperta una nuova fase di difficoltà per le fabbriche dell’area industriale, e in particolare per la Portovesme srl, che sta subendo il crollo del prezzo del metallo sui mercati internazionali. Due anni fa lo zinco si vendeva a 3.500 dollari a tonnellata, mentre ora si è al di sotto della metà.
Non è difficile ipotizzare tempi duri, anche perché sono numerosi i fattori negativi che incidono sul bilancio dell’azienda: la permanente incertezza sul prezzo dell’energia elettrica; il ridimensionamento delle vie portuali, che hanno come unico sbocco Portotorres e come testa di imbarco “continentale” la sola Livorno; le ridotte dimensioni del porto sulcitano, che generano notevoli costi dei noli navali (più navi piccole anziché una sola grande). Ancora: la carenza di infrastrutture logistiche e territoriali, a cominciare dalla rete stradale e la mancanza di una continuità territoriale per le merci.
Insomma, con il passare degli anni la Portovesme srl (ma è il caso di tutte le industrie sarde) ha incamerato, al posto del potenziamento dei servizi, ridimensionamenti strutturali che alla fine si traducono in costi esorbitanti per l’import e l’export.
Nonostante le difficoltà, l’azienda sta continuando nel programma degli interventi a breve termine, in attuazione degli impegni assunti con le organizzazioni sindacali.
«Noi vogliamo restare qui – ribadisce Lolliri – con l’intenzione di creare un polo che possa diventare il numero uno in Europa. Se il nostro piano dovesse andare a pieno regime, per 20-25 anni il Sulcis potrebbe avere un certo respiro. Ma abbiamo bisogno di risposte, perché senza un chiarimento sulle tariffe energetiche non possiamo far partire l’investimento programmato».
Si tratta di un investimento di 160 milioni di euro, per aumentare la capacità produttiva dello stabilimento e assicurare nuova occupazione, oltre che consentire il rientro dei lavoratori in cassa integrazione. Il progetto, illustrato ai primi di ottobre all’assessore regionale dell’Industria, ai sindacati e ai rappresentanti del Comune di Portoscuso, della Provincia di Carbonia Iglesias e della Confindustria, è sostanzialmente lo stesso presentato già due anni fa al ministero dello Sviluppo economico. Oggi viene riproposto, lanciando una coraggiosa sfida in un’area dove i problemi energetici hanno, a più riprese, allontanato altri investitori di caratura mondiale.
«La crisi – sostiene Carlo Lolliri – è presente ma non può durare a lungo. Con questo progetto, ci prepariamo per essere pronti ai blocchi di partenza quando l’economia mondiale avrà superato questo difficile passaggio».
Proprio per la determinazione di non lasciare Portovesme, l’azienda non lesina critiche alle forze politiche nazionali e regionali, che da due lustri non riescono a concordare con Bruxelles una soluzione valida, che consenta alle energivore sarde di programmare il futuro delle aziende, di investire ingenti somme per l’ampliamento dei reparti produttivi degli stabilimenti e di avere tariffe elettriche in linea con la media europea.
«Sono questi i motivi – sot­tolinea­va l’amministratore delegato alla citata assemblea di Carbonia – per cui confidiamo nella sollecitazione delle parti sociali, che devono esercitare una forte pressione sui Governi regionale e nazionale affinché si impegnino a risolvere il problema».
Un appello al quale i sindacati hanno prontamente risposto, chiedendo un incontro urgente al Presidente della Regione e all’Assessore all’Industria, per discutere del futuro della Portovesme srl (incontro tenutosi, come abbiamo visto, il 10 ottobre scorso).
«Il tempo delle interlocuzioni è finito – sostiene Fabio Enne, della Cisl – e tutte le questioni tecniche sono ormai state chiarite. Mancano solo le risposte politiche, che devono arrivare al più presto». Il richiamo alle istituzioni arriva anche dalla Uil: «Questa incertezza e gli ostacoli che continuano ad emergere – afferma Mario Crò – frenano le prospettive di investimento dell’azienda. Sia la Regione che il Ministero devono dirci qualcosa di certo a proposito di energia e accordo di programma».
I sindacati chiedono risposte urgenti a problemi che si trascinano da troppo tempo. «L’azienda ha sicuramente le sue buone ragioni – dice Tore Cappai, delegato Cgil nella Rsu – ma deve essere chiaro che i lavoratori non possono sopportare altri sacrifici, visto che già stanno uscendo da un periodo difficile».
Resta da dire del “no” della Regione alla proposta della Portovesme srl di realizzare un parco eolico da 100 aerogeneratori, capaci di fornire 30 megawatt di potenza, a Guroneddu, una località con vista sul Golfo del Leone, su terreni acquistati da una società del Gruppo svizzero Glencore. Un “no” che, malgrado il sostegno degli ambientalisti, ha scontentato anche i sindacati, che contestano alla Regione la mancanza di una strategia politica a tutela del settore industriale. «Il futuro dell’apparato industriale del Sulcis – sostiene Cappai – è a rischio e ogniqualvolta si prospettano soluzioni innovative, vantaggiose anche sul piano tecnologico e produttivo, gli sforzi degli imprenditori vengono mortificati da risposte negative. La politica del no sta condizionando ogni manifestazione propositiva territoriale».
Stesse riflessioni anche da Nino D’Orso (Rsu Cisl) e Tonino Melis (Rsu Uil): «L’accordo bilaterale Portovesme srl-Enel per la fornitura di energia elettrica a tariffe speciali è a termine. L’azienda presenta un progetto di autoproduzione con fonti rinnovabili e la proposta viene bocciata. Ma cosa si intende fare su quella costa?».
«Bisognerebbe prendere esempio dalla Spagna e dall’Olanda – sostengono i sindacalisti – per osservare che lì i mulini a vento forniscono energia elettrica a basso prezzo. La tutela del territorio è un fatto prioritario anche per il Sindacato, ma ci sono anche 1.500 buste paga regolarmente corrisposte per 38 anni. Allora occorre trovare soluzioni che consentano di proseguire la strada dello sviluppo industriale e dell’economia».
Comunque sia, l’Azienda ha incassato con stile e atteggiamento responsabile il diniego della Regione, dichiarandosi disposta a localizzare l’impianto eolico in siti alternativi. «La Portovesme srl – recita un comunicato – dichiara ampia disponibilità, qualora si rendesse necessario valutare ubicazioni alternative a quelle prospettate, purché sia garantito il carattere dell’autoproduzione, in una logica di politica industriale. Si ribadisce l’importanza della scelta dell’indipendenza e dell’autosufficienza energetica, anche attraverso l’impegno della Portovesme srl, quale partner privato, nel progetto Carbosulcis centrale-carbone».

Eurallumina -
Il panorama grigio dell’industria è completato dalla situazione di grave crisi dell’Eurallumina, forse la peggiore negli oltre trent’anni di attività dell’azienda che produce allumina esportata in tutto il mondo. Una crisi di cui si vociferava da settimane e che è quasi ufficiale: lo stabilimento di Portovesme (450 occupati più i lavoratori degli appalti) sarebbe in perdita a causa della concomitanza di una serie di fattori. Si va dal prezzo del petrolio, che ha fatto lievitare a dismisura il costo del trasporto della bauxite dall’Australia allo scalo sulcitano, alle quotazioni altalenanti dell’allumina sui mercati, al costo dell’energia, più altre variabili che, in concreto, hanno portato l’Euroallumina alla difficile situazione attuale.
Tanto per dirne una, la fabbrica di ossido di alluminio ingoia tutti i giorni enormi quantità di olio combustibile e, con l’impennata dei prezzi del gasolio, i costi di produzione sono diventati quasi insostenibili. La contromossa aziendale potrebbe essere quella di far ricorso alla bauxite africana, che ha costi inferiori ma presenta eccessiva polverosità, aumenta la rumorosità degli impianti di macinazione e gli scarti di lavorazione sono superiori a quelli ottenuti trattando la bauxite australiana. Problemi che potrebbero essere superati ricorrendo a modifiche degli impianti e ottimizzando i processi produttivi.
L’esigenza di contenere le spese sta creando tensione nelle imprese d’appalto, che rischiano di uscire dal ciclo produttivo, anche perché le commesse sono ormai ridotte all’osso.
Una preoccupazione condivisa dai sindacati aziendali, che avevano sperato in un cambiamento del quadro dopo la cessione della fabbrica alla Rusal. L’arrivo dei russi a Portovesme non è però servito a sopire le voci circa l’esistenza di qualche difficoltà a far quadrare i bilanci.