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Una nuova strategia per il polo di Portovesme

Porto Torres: attesa per il piano industriale di E.On

In forse il progetto miniera-centrale elettrica

Le nuove strade dell'energia

Le nuove reti di distribuzione del gas

Centrali pulite nel rispetto dell’ambiente

Sintesi del Piano energetico ambientale regionale

 

Centrali pulite nel rispetto dell’ambiente

 

Per le fonti energetiche rinnovabili l’attuale governo regionale si è dato delle regole precise: le nuove tecnologie potranno diffondersi solo nella misura in cui offriranno vantaggi con il minimo impatto ambientale. Secondo il nuovo Piano energetico regionale, non ancora approvato, le rinnovabili nel loro insieme dovrebbero consentire all’isola di raggiungere il 25 per cento della produzione globale, in linea con quanto previsto dall’Unione europea. 

La Sardegna è in forte ritardo nello sfruttamento dell’energia pulita che nasce dal sole, dal vento e dall’acqua: gli esperti dicono che bisogna accelerare i tempi e realizzare nuove centrali che producano corrente elettrica senza inquinare.
Anche la Regione ribadisce la necessità di ottimizzare le fonti di energia, ma invita alla prudenza: le nuove “centrali pulite” dovranno nascere sulla base di un piano di sviluppo ben preciso, che tenga conto dei costi e dei benefici. Secondo l’assessore regionale dell’Industria, Concetta Rau, le nuove tecnologie potranno diffondersi solo nella misura in cui offriranno vantaggi col minimo impatto ambientale.
Stando alle previsioni del Piano energetico regionale, le fonti di energia rinnovabile nel loro insieme (eolica, solare, idraulica, termodinamica, fotovoltaica, da biomassa) dovrebbero consentire alla Sardegna di arrivare a toccare il 25 per cento della produzione globale, in linea con quanto previsto dall’Unione europea.
Quando? Meglio non sbilanciarsi. Sarebbe già un bel successo arrivare a quella percentuale, senza preoccuparsi di essere troppo puntuali con le scadenze.

L'amministratore delegato dell'Enel, Fulvio Conti, firma il protocollo d'untesa con la Regione Sardegna
L'amministratore delegato dell'Enel, Fulvio Conti, e
il presidente della Regione Sardegna, Renato Soru,
firmano il protocollo d'intesa Enel-Regione
Eolico -
All’eolico il Piano energetico dedica un’ampia parte, sottolineando che «può svolgere un ruolo efficace nel contribuire a conseguire alcuni obiettivi principali nel rispetto delle norme internazionali, europee, nazionali: diminuire la dipendenza della Sardegna da fonti di energia esterne; diminuire le emissioni di sostanze nocive per l’ambiente».
La valorizzazione dell’eolico è legata ad alcune condizioni. La prima è che «si darà priorità ad impianti che prevedono un impatto positivo sul sistema produttivo regionale, anche attraverso la riduzione dell’incidenza del costo dell’energia elettrica nelle industrie manifatturiere energivore».
Nel Piano si legge poi che «l’eventuale crescita degli impianti eolici deve soddisfare le condizioni del Piano paesaggistico» e «le proposte di sviluppo che vengono prese in esame si estendono su siti già compromessi o degradati nei pressi delle aree industriali principali».
In tema di eolico, sparse qua e là nel territorio isolano emergono novità interessanti. Il Comune di Nulvi, per esempio, ha abolito quasi del tutto l’Ici grazie ai cospicui guadagni che sta ricavando per gli impianti ubicati alla periferia del paese da Friel e Ivpc, dopo un ricorso al Tar contro il blocco imposto dalla Regione. Ma questa non è l’unica iniziativa legata a quanto incassato dalle due imprese che gestiscono la struttura. «Quando saremo a regime – affermano al Comune – contiamo di ricavare ogni anno 300 mila euro, e già oggi riusciamo a finanziare una serie di servizi socio-assistenziali nei confronti soprattutto delle persone meno abbienti».
Un'immagine dall'alto delle torri del parco eolico dell'Enel in territorio di Sedini, nel Nord dell'isola
Un'immagine dall'alto delle torri del parco eolico
dell'Enel in territorio di Sedini, nel Nord dell'isola
Dopo contrasti e tensioni, sfociati anche nel blocco dei lavori per un lungo arco di tempo, sul Monte Arci, in territorio di Villaurbana, Mogorella e Siamanna, è ripartito il parco eolico. Sono già state sistemate le prime sette torri e nei prossimi mesi proseguiranno gli arrivi del materiale da assemblare, ivi comprese le enormi pale eoliche lunghe 40 metri. Il parco, realizzato dalla società danese Greentech, prevede la sistemazione complessiva di 41 torri, alte 80 metri, capaci di sviluppare una potenza di cento megawatt. Il contratto stipulato con i danesi prevede che la società corrisponda, ai comuni interessati, dodicimila euro all’anno per ciascuna torre in funzione e assicuri altri servizi e agevolazioni.
Anche nel Medio Campidano sta nascendo un grande parco eolico. Nell’area fra Guspini e Pabillonis, la Friel (Friuli elettronica) ha già installato diversi aerogeneratori e altri stanno andando ad aggiungersi. Una cinquantina dovrebbero sorgere in territorio di San Gavino, vicino alla statale per Guspini: il consiglio comunale ha appena approvato il progetto presentato dalla società tedesca Arteco Bau e dalla Windwarts Energie Rinnovabili di Quartu Sant’Elena.
Numerose le richieste anche per l’installazione di un parco eolico nella zona industriale di Uta. Dopo l’iniziale esperimento che ha visto negli anni scorsi la sistemazione di sei pale per sfruttare l’energia del vento, nel Municipio di piazza S’Olivariu è un continuo bussare per offrire la sistemazione di nuovi impianti, per produrre energia elettrica e con la promessa di ricchezza per il Comune.
A Portoscuso sta andando avanti a grandi passi il progetto del primo parco eolico del Sulcis Iglesiente. La società Portoscuso Energia ha richiesto l’attivazione della procedura di Valutazione di impatto ambientale, dopo aver ottenuto il via libera dal Comune. Tocca adesso alla Regione, che ha già ricevuto gli elaborati, esprimersi sulla fattibilità del parco, che dovrebbe sorgere lungo l’asse esterno del polo industriale di Portovesme. La Portoscuso Energia vorrebbe installare 40 pale a vento, in grado di produrre circa 80 megawatt di energia, da immettere direttamente nella rete a media tensione, con notevole risparmio nelle emissioni di anidride carbonica e biossido di zolfo.
Un tecnico dell'Enel durante un'ispezione ad una delle torri del parco eolico di Sedini.
Un tecnico dell'Enel durante un'ispezione ad una
delle torri del parco eolico di Sedini.
Il progetto riscuote molti favori. Il sindaco di Portoscuso, Adriano Puddu, ritiene che «oltre alla produzione di energia da fonti rinnovabili, vadano considerati positivamente sia l’utilizzo di terreni altrimenti inutilizzabili, perché troppo vicini alle industrie, sia gli aspetti occupazionali». Infatti, nell’impianto a regime dovrebbe trovare lavoro una decina di persone, tutte di Portoscuso, così come da impegno scritto voluto dall’amministrazione comunale.
Benché il progetto di Portoscuso Energia sia quello allo stadio più avanzato, non è l’unico: nell’agosto 2008 il Consiglio comunale ha approvato la richiesta di due società (Ics e Sfera) di impiantare nell’area industriale di Portovesme un parco eolico destinato a produrre 2,5 megawatt di potenza. Le pale eoliche, con altezza variabile da 100 a 150 metri, saranno sistemate nella zona industriale, in un’area degradata tra i confini di Gonnesa e Portoscuso, denominata Sa Piramide.
Di recente, sempre a Portoscuso, anche Enel e Portovesme srl hanno presentato degli studi per la realizzazione di parchi eolici. Peraltro, come risulta dall’accordo Enel-Regione, l’azienda elettrica ha già permutato la sistemazione di alcune decine di pale nell’area industriale, in cambio di una riduzione del prezzo del chilowattora alla Portovesme srl.
Se dalla Sardegna con l’eolico al contagocce rivolgiamo lo sguardo alla vicina Spagna, c’è da restare interdetti. La recente ondata di maltempo ha fatto esultare la rete elettrica spagnola (REE), che con i suoi parchi eolici in Galizia, Andalusia e nella valle dell’Ebro ha registrato un picco di 204 mila megawatt all’ora in un solo giorno. A conti fatti, per la prima volta la produzione eolica ha contribuito per oltre il 25 % alla fornitura di energia elettrica. 

Fotovoltaico - Dall’eolico al solare. La Sardegna si colloca tra le prime regioni italiane quanto a richieste per l’installazione di impianti. Lo confermano i dati diffusi dal gestore dei servizi elettrici (Gse spa), il cui azionista unico è il ministero dell’Economia e delle Finanze, che opera attraverso il ministero delle Attività produttive. Emerge così che nell’isola sono stati in molti, tra persone fisiche e giuridiche, ad investire sul fotovoltaico come alternativa o in supporto alla rete elettrica tradizionale, sfruttando le incentivazioni statali per la realizzazione degli impianti.
Insomma, difesa dell’ambiente, possibilità di ridurre le emissioni di anidride carbonica, lotta all’effetto serra stanno diventando argomenti chiave anche da noi. Oltre a offrire posti di lavoro, le tecnologie pulite (eolico compreso) e il clima ideale dell’isola sono visti dagli esperti come elementi decisivi nel futuro sviluppo dell’isola.
Non a caso lo scienziato russo Zhores Alferov, premio Nobel per la fisica nel 2000, di recente in Sardegna, ha definito come fascinosa e possibile l’ipotesi di realizzare nell’isola un centro di ricerche applicate sull’energia solare. In particolare, lo scienziato (vicepresidente dell’accademia delle scienze della Federazione russa e responsabile dello Ioffe, considerato il più grande istituto di fisica del mondo) vorrebbe contribuire alla costituzione di un laboratorio di ricerca specifico.
Un impianto fotovoltaico su un tetto di una palazzina in un centro urbano dell'isola
Impianto fotovoltaico su un tetto di una palazzina
in un centro urbano dell'isola
Nel corso della sua breve permanenza nell’isola, Alferov ha avuto modo di incontrarsi col presidente Soru, che ha deciso di appoggiare l’iniziativa. Fra breve vi sarà la firma di un accordo tra Sardegna Ricerche (l’ente regionale che gestisce il parco scientifico e tecnologico Polaris) e la Fondazione Alferov, per studiare le possibilità e i passaggi necessari per dar corso all’iniziativa.
«La Regione – ha sottolineato Giuliano Murgia, presidente di “Sardegna Ricerche”, durante il simposio di presentazione dell’attività di Alferov – si candida per la realizzazione di una filiera specifica per lo sviluppo di queste ricerche e la loro applicazione. Attualmente nel fotovoltaico l’Italia importa i pannelli dall’estero. Grazie alla collaborazione con Alferov, la Sardegna potrebbe diventare un centro di studio e produzione».
D’altronde, la Regione Sardegna è già fortemente impegnata sul fronte del fotovoltaico, come sottolineato dall’assessore dell’Ambiente, Cicito Morittu, nel corso della presentazione dello “stato dell’arte” nel settore, avvenuta a Cagliari a inizio d’anno. Questo l’obiettivo indicato dall’assessore: raggiungere entro il 2009, con un anno di anticipo rispetto alle indicazioni del Piano energetico nazionale, i 100 megawatt di energia prodotta dal sole, con una spesa di circa 30 milioni di euro.
Tabelle alla mano, il traguardo sembra raggiungibile. Ai sessanta megawatt attivabili con interventi pubblici, si potrebbero infatti aggiungere i 65-70 che dovrebbero arrivare dai privati, che hanno avuto accesso al bando da 18 milioni di euro per tre anni dell’assessorato dell’Industria. «Potremmo sfondare quota centotrenta – ha sottolineato Morittu – che corrisponderebbero a circa 200 mila tonnellate di CO2 in meno emesse nell’aria. Come se si impiantassero 7 mila ettari di nuove foreste all’anno».
Per quanto riguarda gli edifici pubblici, con la Finanziaria 2007 erano stati stanziati 10 milioni annui per il triennio 2007-2009 per finanziare la realizzazione di impianti fotovoltaici o termici (acqua calda dal sole). Di questi, 6,7 milioni erano stati destinati agli enti pubblici, mentre 3,3 ad edifici della Regione. Dal 2008, ha dichiarato l’Assessore, la ripartizione favorirà maggiormente la fetta riservata agli enti pubblici, in modo da soddisfare tutte le richieste pervenute.
E la risposta di Comuni e Province non si è fatta attendere: 529 progetti (presentati da 189 Comuni e 5 Province), con 509 ammessi a finanziamento regionale (20 % dell’importo speso) e 345 finanziati. «Ulteriori 617 verranno finanziati con le risorse della Finanziaria 2008 – ha spiegato l’assessore dell’Ambiente. Gli impianti proposti potranno sviluppare una potenza complessiva di 7,72 megawatt, con cui si riuscirà a coprire il fabbisogno energetico dichiarato negli edifici interessati».
Anche la Regione realizzerà un impianto fotovoltaico di grandi dimensioni (462 Kw) sul tetto dell’edificio ex Cisapi a Mulinu Becciu, destinato a ospitare il Corpo forestale. Un progetto notevole, che assorbe gli oltre tre milioni di finanziamento previsti per il 2007.
Allargando lo sguardo, si vede che sono moltissimi gli enti pubblici che si stanno muovendo in questo campo. La Provincia di Nuoro ha individuato piani di intervento su Ottana e Macomer; Aggius ha battezzato il progetto per una delle prime abitazioni riscaldate con energia geotermica; Stintino pensa a un tetto fotovoltaico per il depuratore; Perfugas a nuovi “alloggi ecologici”. Il comune di Mores sta addirittura ipotizzando un impianto in grado di fornire energia a tutto il paese.
A Muravera hanno lanciato il programma “Città del Sole” per produrre energia elettrica dai panelli fotovoltaici, ma la sfida è stata lanciata anche da Settimo San Pietro, dove il Comune ha deciso di mettere a disposizione di una ditta specializzata le superfici di scuole e palestre per realizzare gli impianti.
Anche la Trexenta scommette sull’energia pulita. Cento impianti fotovoltaici installati in meno di un anno sono un record, ma è solo l’inizio, perché l’energia solare piace ai privati ma anche alle amministrazioni comunali, che puntano a risparmiare sulle bollette elettriche.
A Suelli esiste un progetto per installare gli impianti negli edifici pubblici. A Selegas verranno spesi 200 mila euro per realizzare i pannelli solari nelle strutture sportive, nelle scuole elementari e medie. A Senorbì la Giunta comunale ha deciso di assegnare un maggior punteggio per l’assegnazione dei lotti nella nuova zona industriale alle imprese pronte a investire in energia alternativa. Ma sono soprattutto i giovani che acquistano casa a voler installare i pannelli fotovoltaici, perché con gli incentivi dello Stato è possibile ammortizzare le spese nel medio e lungo periodo.
Sorgerà invece in Ogliastra il più grande impianto fotovoltaico sinora realizzato in Sardegna. Sui tetti dei laboratori della Df Marmi e Pietre Srl di Orosei, i pannelli occuperanno una superficie di circa 3.300 metri quadrati, per una potenza complessiva di 380 kilowatt e con una capacità produttiva di 450 mila kilowattora all’anno. Una produzione di energia tale da soddisfare totalmente le esigenze dell’azienda. Un plauso all’iniziativa viene da Roberto Bornioli, vicepresidente della Confindustria nuorese con delega per l’energia: «Il distretto del marmo di Orosei è fortemente energivoro – dichiara – e ha necessità di abbattere i costi utilizzando anche le fonti rinnovabili. È necessario incentivarne l’uso, peraltro incoraggiato anche dalla Regione, che intende raggiungere i 100 megawatt di potenza fotovoltaica in Sardegna e ha indicato le aree di cava tra quelle ideali e da sostenere per questo tipo di investimenti».
Di grande rilievo la presenza Sorgenia (gruppo Cir) a Villacidro. Nella pianura di Cannamenda ha già realizzato due impianti fotovoltaici da un megawatt ciascuno, con connessione alla rete elettrica pubblica, attivati un anno fa da Soluxia (gruppo Sorgenia Spa), poi ridenominata appunto Sorgenia Solar. La distesa di pannelli orientati al cielo genera 2,6 gigawatt annui di ecoenergia, evitando l’emissione di duemila tonnellate di anidride carbonica.
Adesso la società del gruppo di Carlo De Benedetti vuole produrre sul posto anche le cellule fotovoltaiche. Sono stati appena firmati i contratti di locazione per la struttura principale, che ospitava un tempo la Nuova Scaini. Nei 15 mila metri quadri di superficie coperta Sorgenia insedierà a gennaio 2009 il nuovo stabilimento manifatturiero, dove a regime saranno impiegate 45 unità lavorative.
Per Sorgenia l’investimento fatto a Villacidro «rappresenta un passo importante nell’ambito del piano di sviluppo previsto in Sardegna, che comprende, oltre alla nuova attività in procinto di nascere a Villacidro, investimenti nel campo della generazione di energia da fonte solare attraverso l’utilizzo dell’innovativa tecnologia del “solare termodinamico a concentrazione”, anche attraverso collaborazioni con il Crs4, e della tecnologia fotovoltaica».
Per realizzare un progetto complessivo di quindici impianti di produzione di energia solare nel sud Italia, Sorgenia (con la ex Soluxia) ha programmato un investimento di 85 milioni di euro. In Sardegna ne ha già realizzati quattro: due appunto a Villacidro, uno a Marrubiu e un altro nel Casic di Cagliari.

Centrale idroelettricas Enel di Cucchinadorza sul fiume Taloro, in territorio di Ovodda (Nuoro)
Centrale idroelettrica Enel del Taloro: nella foto, la
diga di Cucchinadorza, nel territorio di Ovodda
 
Idroelettrico -
Sul fronte dell’idroelettrico, altra fonte di energia elettrica rinnovabile, vanno menzionati i 14 impianti gestiti dall’Enel, che producono complessivamente 736 gigawatt. Due nuove centrali sono da poco entrate in funzione lungo il corso del Tirso e l’ente elettrico punta a incrementare l’attività anche con nuovi impianti, previsti a Posada e nella diga di Pedra È Othoni, lungo il corso del Cedrino, in Baronia. Da segnalare che, nell’ambito dell’accordo Regione-Enel, l’ente elettrico venderà alla Regione gli impianti idroelettrici di Busachi (Tirso primo e secondo salto). «Siccome l’energia elettrica usata per il pompaggio dell’acqua rappresenta la metà dei costi del sistema idrico – ha recentemente dichiarato il Presidente della Regione – puntiamo ad incrementare la produzione idroelettrica in modo che, abbinandola ad altre fonti rinnovabili, l’ente gestore raggiunga l’autosufficienza energetica».

Solare termodinamico -Il sistema più moderno per ricavare energia dal sole è quello utilizzato nelle centrali “a concentrazione”. Si tratta della versione termodinamica dell’energia solare, da non confondere con quella fotovoltaica, che invece sfrutta l’emissione di corrente elettrica direttamente dai semiconduttori illuminati.
Riproduzione digitale del dimostratore solare termodinamoco a concentrazione, progettato dal Crs4, da realizzare nell'area industriale di Cagliari
Riproduzione digitale del dimostratore solare
termodinamico a concentrazione, progettato dal
Crs4, da realizzare nell'area industriale di Cagliari
«In Spagna e in alcune zone degli Stati Uniti – spiega Andrea Mameli, del Crs4, il Centro di ricerca operante alle porte di Cagliari – la centrale solare termodinamica è divenuta sinonimo di affidabilità e di alto rendimento. In un bilancio non solo economico, ma che tenga anche conto dell’impatto su ambiente e salute, lo sfruttamento del calore del sole, fonte rinnovabile per eccellenza, si rivela assolutamente competitivo».
Il costo del solare termodinamico a kilowattora si aggira oggi intorno ai 10 centesimi, ma secondo gli studi di settore scenderà a 6 entro il 2020. Altro vantaggio importante risiede nella capacità di accumulo, garantita dal liquido caldo.
In Italia sono sorti alcuni prototipi sperimentali, ma la notizia importante (come vedremo nell’ampio servizio a parte su questo numero di Sardegna industriale) è che, tra alcuni mesi, anche la Sardegna potrà disporre di un “dimostratore”, finanziato al 50% dal ministero dell’Università e della Ricerca. «L’impianto – spiega Bruno D’Aguanno, capo dipartimento Energia del Crs4 – ci consentirà di dimostrare la fattibilità della produzione, efficiente, pulita e competitiva, di energia elettrica a partire dalla fonte energetica solare».

Biomasse, biocarburanti e biogas - Dovrebbe sorgere nella zona industriale di Ottana la prima centrale sarda per produrre energia da biomasse. Il progetto pilota prevede la realizzazione di due gruppi da 34 Mw di potenza, da alimentare con coltivazioni arboree (colza e carinata) situate nei pressi della centrale. I due gruppi sono in fase di costruzione e saranno inizialmente alimentati con olio di palma, importato principalmente dall’Indonesia.
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Le biomasse alimentano la centrale termoelettrica
"Grazia Deledda" dell'Enel, a Portovesme
L’annuncio è stato dato a metà dicembre 2007, nel corso di una conferenza stampa svoltasi nella sede di Confindustria, da Paolo Clivati, di Ottana Energia, che ha presentato il progetto per la produzione di energia “nuova” ed eco-compatibile. «La centrale – ha detto – avrà bisogno di 60 mila tonnellate all’anno di olio vegetale, che in parte dovranno pervenire da colture locali. In quest’ottica abbiamo promosso, in collaborazione con la facoltà di Agraria dell’Università di Sassari, il Cnr e l’Agris, un progetto per la realizzazione e lo sviluppo di una filiera locale per la produzione di olio vegetale, a partire da colture oleaginose».
Potenzialmente, sono una cinquantina i comuni, nell’area di circa 70 km da Ottana, interessati alla coltivazione. L’ipotesi della sperimentazione prevede il coinvolgimento di alcuni agricoltori che, per tre anni, metteranno a disposizione diversi ettari di terreno. In questo lasso di tempo sarà verificata l’adattabilità al terreno sardo delle specie arboree individuate. Da ricordare che, grazie ai “certificati verdi”, l’energia prodotta da fonti come l’olio vegetale è economicamente incentivata per 15 anni.
A spargere dubbi sulla concreta percorribilità di questa strada in Sardegna ci hanno pensato il Gruppo di intervento giuridico e gli Amici della terra. «Una riconversione della centrale elettrica di Ottana all’olio di colza – si legge in una nota congiunta di fine dicembre scorso – sarebbe pressoché irrealizzabile. Infatti, bisognerebbe coltivare circa 150 mila ettari di colza per poter avere una produzione annua finalizzata alle 50 mila tonnellate di olio necessarie per far funzionare la centrale per almeno settemila ore all’anno». Gli ambientalisti respingono anche l’utilizzo dell’olio di palma, perché «contribuirebbe alla progressiva deforestazione del sud-est asiatico».
Da segnalare anche i dubbi avanzati dalla Coldiretti di Oristano, secondo la quale mancherebbero certezze sulla convenienza economica delle nuove coltivazioni. «I numeri in nostro possesso – ha dichiarato il presidente provinciale, Franco Cocco – indicano che le bioenergie non sarebbero un investimento redditizio per l’agricoltore».
Proprio nei pressi di Oristano, comunque, sorgerà nel porto industriale un impianto a riciclo combinato per la produzione di energia elettrica con generazione di calore dalla combustione di oli vegetali. Lo realizzerà la società International Broker Srl su un lotto che si affaccia sulla banchina portuale in territorio di Santa Giusta, con una spesa di 150 milioni di euro. I lavori inizieranno nella prima metà del 2009 e saranno completati entro due anni. Il nuovo impianto avrà una potenza elettrica nominale di 136,6 megawatt, funzionerà 24 ore su 24 per tutto l’anno, consumando annualmente 232 mila tonnellate di oli vegetali. Oli derivati dalla Jatropha Curcas, pianta coltivata nei paesi della fascia equatoriale, originaria dei Caraibi e successivamente diffusa in Africa e Asia.
Il maggior produttore europeo del vegetale in questione è il gruppo ICQ (multinazionale con sede a Roma e della quale fa parte la International Broker), che possiede 400 mila ettari nel Benin e 150 mila in Brasile, per una produzione propria di olio vegetale di quasi 800 mila tonnellate all’anno. L’olio arriverà al futuro stabilimento nella zona industriale di Oristano su navi da 20 mila tonnellate, per essere stivato in serbatoi capaci di 50 mila metri cubi. Una quantità sufficiente per garantire l’autonomia funzionale degli impianti per due mesi. L’energia elettrica prodotta sarà ceduta integralmente a Terna, ma sarà possibile un recupero di circa 12 mw di calore (acqua calda), di cui potranno beneficiare, al 50 % del costo e dunque con forti risparmi energetici, utenti pubblici (ad esempio, scuole e ospedali) e privati (industrie).
Una centrale elettrica alimentata dall’olio di palma sarà realizzata anche a Serrenti. L’iniziativa è stata promossa dalla Central Formaggi, azienda leader nella lavorazione dei derivati del latte, con sede nella zona industriale. La concessione in diritto di superficie di un’area pubblica, accordata dal Consiglio comunale, è solo l’inizio del programma che porterà, come dicono i dirigenti del caseificio, all’autonomia energetica e ad un risparmio del 70 per cento.
Tornando alle coltivazioni, si parla sempre più, soprattutto a livello europeo, dei cosiddetti biocarburanti (biofuel). Il carburante biologico può aiutare l’Europa a risolvere non solo i problemi di approvvigionamento energetico, riducendo drasticamente la sua dipendenza dal petrolio, ma può anche mitigare l’inquinamento da idrocarburi. Il lato negativo della questione, che ancora divide scienziati ed esperti, è che la produzione dei carburanti biofuel richiede il dispendio di molta energia e provoca il rilascio di grandi quantitativi di CO2.
I biofuel attualmente più utilizzati sono il biodiesel e il bioetanolo, ricavati dalle piante e utilizzati principalmente nei mezzi di trasporto, allo stato puro o con l’aggiunta di carburanti standard come additivi.
Il biofuel cosiddetto di prima generazione deriva principalmente da piante come il mais, la soia, i semi di rapa, la canna da zucchero, la palma, tutti alimenti commestibili. Quello di seconda generazione, più legato agli sviluppi del progresso tecnologico, può invece essere ricavato dai rifiuti.
E per parlare di rifiuti, o meglio del biogas da questi ricavato, torniamo in Sardegna. Dove i rifiuti conferiti da oltre sessanta comuni nella discarica di Villacidro non costituiscono solo una montagna sgradevole alla vista e all’olfatto, ma rappresentano anche una ricchezza col loro “biogas” trasformabile in energia elettrica. Tradotto in soldoni, significa un risparmio considerevole sulla bolletta del Consorzio industriale, che sta già pensando ad un ampliamento dell’impianto.
Un impianto semplice, stando almeno alla spiegazione del presidente, Luigi Murgia. «Tra i rifiuti agiscono alcuni batteri, come quelli che abbiamo nell’intestino, che “digeriscono” le parti organiche. In questo modo, viene trasformata in biogas e compost gran parte delle sostanze biodegradabili. Il biogas viene captato da alcuni tubi e utilizzato per la produzione di energia elettrica, con la quale in Consorzio copre parte del proprio fabbisogno».
L’intero ciclo di produzione, che garantisce trentasei busta paga, avviene all’interno del primo modulo della discarica, ormai chiuso. In Italia esiste solo un altro impianto come quello di Villacidro, e si trova nel Veneto.
Da segnalare che il comune di Carbonia sta gestendo, dall’agosto scorso, l’impianto di trasformazione energetica del biogas, in funzione da più di un anno nella discarica consortile di via Nazionale. Si tratta di una centralina che capta i gas prodotti dalla fermentazione dei rifiuti e li trasforma in energia elettrica, da vendere all’Enel.