Bimestrale di informazione economica

 
Home page
Presentazione

Arretrati e abbonamenti

E-mail

Archivio

Riviste
Argomenti
Ricerca semplice
Ricerca avanzata
News

Sommario


Editoriale
Giancarlo Bussetti
Costi energetici e trasporto marittimo
Commissione europea (Bruxelles, 28 marzo 2011)
Libro Bianco - Tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti
Achille Sirchia
Un porto laguna per l’economia di Cagliari
Seminario
“La Cooperazione come valore economico e sociale in Sardegna”

 

Un porto laguna per l’economia di Cagliari
Achille Sirchia

 

“Dai Fenici ai container” è il titolo di una breve storia dell’area industriale di Cagliari, che Achille Sirchia – direttore per oltre trent’anni del Casic, da sempre appassionato di ricerca storica sulle vicende della vita cagliaritana del secolo scorso e penna particolarmente versatile,  spentosi prematuramente undici anni fa – scrisse per “Sardegna industriale” in sette puntate pubblicate su questa rivista fra il 1981 ed il 1985. Dopo 12 anni, nel 1997, anche alla luce delle nuove opere realizzate nel frattempo nell’area industriale (fra le altre, il completamento del porto canale), Sirchia volle aggiornare la sua cronistoria con altre tre puntate, pubblicate lo stesso anno su questo bimestrale. Abbiamo voluto riproporre le dieci puntate di questa “Storia e cronaca recente dell’area industriale di Cagliari“, proprio partendo da questo numero, dedicato nella prima parte al trasporto marittimo e, in questo ambito, al ruolo che potrebbe giocare nel Mediterraneo il porto canale, un’opera realizzata in quella laguna alla cui valorizzazione Achille Sirchia aveva dedicato con passione tanti anni della sua vita (1).

 

Fiera di Cagliari, 1956: presentazione della prima idea dell'area industriale di Cagliari. Da sinistra, in primo piano, il segretario generale della Camera di Commercio, Virginio Cerino Canova; il vice presidente dell'Associazione degli indutriali, Angelo Binaghi; il ministro per il Mezzogiono, Pietro Campilli; il direttore dell'Associazione degli industriali, Michele Sirchia; il presidente della Camera di commercio, Antonio Pasolini
Fiera di Cagliari, 1956: presentazione della prima
idea della zona industriale di Cagliari. Da sinistra, in
primo piano: il segretario generale della Camera di
Commercio, Virginio Cerino Canova; il v.presidente
dell'Associazione degli industriali, Angelo Binaghi;
il ministro per il Mezzogiono, Pietro Campilli; il
direttore dell'Associazione degli industriali, Michele
Sirchia; il presidente della Camera di commercio, 
Antonio Pasolini
La laguna di Santa Gilla è il simbolo del legame di Cagliari con il mare. E sulle sue sponde che hanno vissuto fenici, punici e romani, mentre nel medioevo vi trovò rifugio la città giudicale.
«Sin dall’alba della storia sarda – ha scritto lo storico Francesco Alziator – la laguna è stata il terminal di una grande via d’acqua, un approdo e un imbarco di uomini, un luogo di traffici e di contese che ha inserito l’isola nella più vasta vicenda del mondo».
È lì, infatti, che i fenici realizzarono il “porto laguna” che per diversi secoli, sino all’avvento della dominazione pisana nella metà del 1200, rappresentò il fulcro dell’economia cittadina e non solo di essa.
Oggi è su queste rive che si sviluppa l’area industriale di Cagliari e che è stato costruito il porto canale destinato a reinserire l’isola nel più vasto circuito dei traffici mediterranei.
Alla scelta del luogo dove ubicare il cuore dell’area industriale ed al modo in cui quest’ultima è stata concepita e articolata hanno contribuito valutazioni non solo di carattere geografico, rinvigorite dalla storia, ma anche d’ordine economico, urbanistico, amministrativo, sociale ed ambientale. Tutto ciò è stato il frutto degli studi organici condotti dagli anni Sessanta in poi e che hanno filtrato il passato con le esigenze, le situazioni e le prospettive di un territorio di maggiore ampiezza e di superiori capacità economiche e sociali.
I segni precursori dell’attuale area industriale si ebbero verso gli anni Venti quando, appena cessato il primo grande conflitto mondiale, la Sardegna incominciò ad attrarre l’interesse dello Stato e del capitale continentale.
La molla di questa fase di sviluppo fu individuata nella risonanza avuta sul piano nazionale della polemica sardista ed in «un moto di riconoscenza nazionale» in relazione al contributo di sangue e di eroismo dato dai sardi nel corso del conflitto.
Ma quella era anche l’epoca nella quale, una volta raggiunta una più completa unità del Paese, il capitale cercava nuove occasioni d’investimento, spostandosi in zone ricche di risorse da valorizzare.
Fu così che nacque il programma del “Gruppo elettrico sardo”, sostenuto dalle idee e dai finanziamenti della “Società italiana per le strade ferrate meridionali” e della Banca commerciale italiana, oltreché dal contributo dello Stato.
laghi artificiali avrebbe consentito di disporre in tutta l’isola di energia elettrica nella quantità necessaria per dare impulso alla verticalizzazione delle produzioni minerarie, alle iniziative industriali in generale, tenendo per giunta conto delle trasformazioni nel settore agricolo per l’introduzione dell’irrigazione a seguito della vasta disponibilità idrica.
Gli effetti del programma si avvertirono a Cagliari attraverso una serie di iniziative che coinvolsero gli imprenditori locali. Nel 1918 sorse nella riva orientale della laguna la fabbrica cementi Portland destinata a fornire il cemento per la costruzione della diga sul fiume Tirso. Il capitale per la realizzazione dello stabilimento fu assicurato dalla Banca commerciale italiana, dalla Società di Bacu Abis e da un gruppo di industriali sardi guidati dall’ing. Dionigi Scano.
Alla cementeria presto si affiancò la centrale termoelettrica di Santa Gilla, voluta dal “Gruppo elettrico sardo” che per la produzione di energia mirava a sperimentare l’impiego del carbone Sulcis allora detto di “Bacu Abis” (la nascita di Carbonia risale a dieci anni dopo).
Lì si installò successivamente lo stabilimento di fertilizzanti della Montecatini. Nella parte centrale della laguna l’ing. Luigi Conti Vecchi realizzò nel 1921 la grande salina tuttora in attività. Per il trasporto dei suoi prodotti all’imbarco nel porto – che dal periodo pisano era stato spostato al di fuori della laguna – fu attrezzato, in prossimità delle caselle salanti, il porticciolo di San Pietro e si scavò nella laguna un “canale industriale”, della profondità di due metri, in maniera da consentire la navigazione sino al porto commerciale delle “maone”, ossia dei barconi carichi di sale.
L’idea di insediare le nuove attività industriali nei pressi di Santa Gilla fu dell’ing. Dionigi Scano e dell’ing. Giulio Dolcetta, il principale artefice e grande animatore del programma del “Gruppo elettrico”. Questi pionieri, geniali e tenaci, intuirono che solo in quella zona poteva attrezzarsi un’area dove favorire la localizzazione industriale. Sino ad allora le non certo numerose industrie radicatesi a Cagliari si erano per una parte inserite in vari punti del tessuto urbano e per altra parte si erano attestate alle spalle del porto commerciale, come nel caso della prima centrale elettrica a vapore, della Manifattura Tabacchi e del mobilificio fratelli Cao. Ma sul porto premeva già la città, che dal Castello scendeva verso di esso attraverso i quartieri di Marina e di Villanova.
Riproduzione  parziale del  progetto  di massima del
Piano  regolatore  della zona  industriale di Cagliari,
redatto  nel 1955. In  primo  piano, l'area  portuale
con  lo  scalo  commerciale, la darsena i ndustriale e
la zona franca
Su richiesta della Provincia, del Comune e della Camera di Commercio, il progetto predisposto dagli ingegneri Edmondo Sanjust e Beniamino Pirola per l’ampliamento del porto di Cagliari (approvato nel marzo 1922 dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici), previde «la costruzione, parallelamente alla linea ferroviaria Cagliari-Terranova (l’odierna Olbia), di un canale navigabile destinato a congiungere la zona industriale in sviluppo sul margine di Santa Gilla con il porto di Cagliari, e più precisamente con lo specchio d’acqua che risulterà dopo l’esecuzione del nuovo molo di Ponente alla Scaffa». Gli stessi enti caldeggiarono presso l’ing. Domenico De Simone, a capo del Provveditorato alle Opere Pubbliche della Sardegna (appena istituito nel 1925), la sollecita realizzazione del canale navigabile in quanto «sommamente vantaggiosa – come riportato nel numero del gennaio 1920 dalla rivista della Camera di Commercio “La Sardegna Commerciale” – per tutte le industrie già esistenti, le quali hanno rapporti continui ed intensi con il porto così da assicurare una rapida, comoda ed economica via di accesso al mare per favorire il sorgere di nuove industrie in una zona la quale, per la prossimità al mare ed alla strada ferrata, è destinata a diventare la zona industriale di Cagliari».
Gli ingegneri Scano e Dolcetta si resero conto che l’idea doveva essere inquadrata in un progetto e lo spunto venne offerto loro nel 1927 dall’ottenimento dell’inclusione di Cagliari tra le città marittime meritevoli del riconoscimento di “porto franco”, alla pari con Genova, Napoli, Venezia e Trieste, tanto per citare gli scali più famosi per i quali si varò simile provvedimento di legge.
marittimi dell’Europa occidentale; Trieste, porto naturale sul mare dei paesi centro orientali; Cagliari, punto più conveniente di raccordo del movimento commerciale del Mediterraneo». Così scriveva, l’8 agosto 1928, il massimo organo di stampa dell’isola, “L’Unione Sarda”, dando ampio spazio agli studi che subito effettuarono gli enti e gli operatori locali.
All’epoca i vantaggi del porto franco non erano cosa da poco. La franchigia doganale aveva un valore superiore all’attuale essendo ancora molto lontano l’avvento della Comunità economica europea e vigendo differenti condizioni politiche e regimi di mercato orientati agli scambi con le colonie. Si affacciavano quindi vaste prospettive per l’industria e per il commercio.
«Le prime a dover sperimentarsi nel porto franco devono essere le attività locali – sottolineò ulteriormente l’Unione Sarda – in modo da costituire la cellula iniziale di sfruttamento di questa grande risorsa che il governo intende elargire. I sardi saranno i primi a dare l’esempio e il capitale non avrà certamente timore di cimentarsi nelle nuove più ardite forme di speculazione che il porto franco consente. Dopo di noi vengano pure gli americani o quant’altri avranno interesse e saranno i benvenuti».
Attraverso questo nuovo strumento l’idea della zona industriale lungo la sponda orientale della laguna di Santa Gilla aveva così la possibilità di prendere corpo. Si pensò di costituire una continuità marittimo industriale dal porto commerciale verso la zona della Scaffa. «Poiché in quella zona non esistono al presente opere portuarie – si rilevò nello studio predisposto nel 1928 – al porto franco potrà subito riservarsi la darsena di Sant’Agostino ed il molo di Ponente. Non appena terminata la costruzione delle opere di ampliamento progettate verso Ponente, la zona di porto franco dovrà estendersi sino al molo della Scaffa comprendendo nel retroterra la zona a sud del canale industriale».
Il progetto, nonostante il favorevole accoglimento da parte degli organi pubblici, non ebbe immediata attuazione in quanto fu oggetto di lunghe elaborazioni tecniche.
Inaugurazione della zona industriale a Cagliari (San Paolo) nel 1956. Da sinistra: il presidente della Camera di commercio, Antonio Pasolini; il prefetto, Achille Capuccio; il segretario generale della Regione, Giuseppe Giua; l'assessore regionale all'Industria, Nino Costa; il dirigente della Regione, Paolo De Magistris; il provveditore alle Opere pubbliche, Giulio Cesare Zoppi; l'assessore comunale, Michele Romagnino; il rappresentante del Governo, Federico Solimena; il presidente della Regione, Giuseppe Brotzu
Inaugurazione della zona industriale a Cagliari (San
Paolo) nel 1956.  Da  sinistra: il  presidente della
Camera di commercio, Antonio Pasolini; il prefetto,
Achille  Capuccio;  il segretario  generale della
Regione, Giuseppe  Giua;  l'assessore  regionale
all'Industria, Nino Costa; il dirigente della Regione,
Paolo  De  Magistris;  il provveditore alle Opere
pubbliche, Cesare  Zoppi;  l'assessore comunale,
Michele Romagnino; il rappresentante del Governo,
Federico  Solimena;  il  presidente  della  Regione,
Giuseppe Brotzu
Quando, nel 1941, si stava per passare alla stesura definitiva secondo le linee predisposte da Dionigi Scano, ecco sopraggiungere il secondo conflitto mondiale.
Soltanto al termine del conflitto fu possibile riprendere gli studi interrotti. Nel frattempo erano però maturate situazioni nuove. Nel 1953 la Regione Sardegna varava un provvedimento di legge per la istituzione di zone industriali in vari punti dell’isola e nel 1957 analogo provvedimento veniva emanato dal Parlamento per favorire l’industrializzazione del Mezzogiorno.
Il primo atto con cui nel dopoguerra si ripresero gli studi a suo tempo avviati fu rappresentato dalla costituzione del “Comitato promotore per la zona industriale di Cagliari”.
Il 28 novembre 1953, presso l’assessorato regionale all’Industria, retto dall’avv. Ignazio Serra, si procedette a tale costituzione per iniziativa della Provincia, della Camera di commercio, del Comune di Cagliari, dell’Associazione provinciale degli industriali e del Banco di Sardegna (all’epoca costituito soltanto da una sezione di credito industriale).
In quel periodo non si parlava ancora di area industriale ma di “zona industriale d’interesse regionale” perché era stata appena emanata la legge regionale (n. 22 del 1953) che offriva la possibilità di utilizzare un simile strumento, mentre la legge nazionale istitutiva delle aree industriali (n. 634 del 1957) sarebbe intervenuta soltanto qualche anno più tardi.
Del Comitato promotore furono chiamati a farne parte: il prof. Mario Carta (designato dalla Regione e che ne resse le sorti sino alla data di scioglimento, cioè otto anni dopo), il comm. Antonio Frau per la Camera di commercio, l’ing. Angelo Binaghi per l’Associazione degli industriali, l’ing. Giacomo Crespi per il Comune, l’ing. Gustavo Carboni per la Provincia e l’ing. Antonio Salaris per il Banco di Sardegna. La segreteria fu affidata al dott. Loris Loriga ed ebbe sede presso l’Associazione degli industriali.
Con il Comitato collaborarono – e, secondo quanto risulta dagli atti, si trattò di una collaborazione intensa e fattiva – i presidenti della Camera di Commercio, avv. Antonio Pasolini, della Provincia, prof. Giuseppe Meloni, dell’Associazione degli Industriali, ing. Enrico Musio, il direttore della stessa Associazione, avv. Michele Sirchia, il Segretario generale della Camera di Commercio, dott. Virginio Cerino Canova, il direttore dei servizi dell’assessorato regionale ai Lavori Pubblici, ing. Enrico Pisano, i dirigenti dell’Assessorato regionale all’Industria, dott. Alfonso Falzari e Paolo De Magistris, il provveditore alle opere pubbliche, ing. Federico Viso.
Fu questo nucleo di uomini, ai quali in seguito se ne aggiunsero altri, che lavorò per realizzare il sogno della zona industriale.
Sin dalla prima riunione, tenutasi il 7 luglio 1954, si ritenne opportuno seguire tre vie: individuare la località su cui ubicare la zona d’insediamento industriale; predisporre il piano regolatore di massima, da inserire nel piano regolatore generale comunale che era ancora in fase di elaborazione; ottenere dalla Regione il riconoscimento della zona industriale onde avere lo strumento giuridico-economico per offrire sicurezza gestionale e maggiori disponibilità finanziarie per le infrastrutture. Utilizzando i fondi messi a disposizione dagli enti promotori si diede incarico agli ingegneri Filippo Asquer, Aldo Pacca e Claudio Marcello di mettere a punto le soluzioni tecniche. Per l’individuazione delle aree non vi furono grossi problemi date le tendenze emerse dagli studi per il porto franco nel periodo anteguerra.
Su questa scorta i tecnici procedettero ad indicare due zone d’insediamento:
 – la zona A), ubicata alle spalle della città fra le maggiori strade statali, l’Iglesiente e la Carlo Felice;
 – la zona B) nella sponda orientale della laguna, nella località detta di San Paolo.
In questa seconda zona, proprio dentro la laguna, venne progettata una darsena portuale con accesso diretto dal porto commerciale. Nel predisporre il piano regolatore di massima si recepirono i risultati delle indagini commissionate al prof. Duilio Citrini, per la regolamentazione dello sbocco a mare dei fiumi Mannu e Cixerri confluenti a Santa Gilla, e del prof. Ruggero De Angelis, per la salvaguardia della produzione ittica.
Due dei protagonisti della creazione del Consorzio per l'area industriale di Cagliari: il sindaco Giuseppe Brotzu (a sinistra) e il presidente della Provincia, Giuseppe Meloni
Due  dei  protagonisti della creazione del  Consorzio
per l'area industriale di Cagliari: il sindaco Giuseppe
Brotzu  (a sinistra) e  il  presidente  della Provincia,
Giuseppe Meloni
Ottenuto, con decreto del Presidente della Giunta regionale del 22 novembre 1954, il riconoscimento di queste aree come “zona industriale d’interesse regionale”, si appaltarono, con un finanziamento regionale di 700 milioni di lire, un gruppo di opere comprendenti l’imbonimento di buona parte delle aree di San Paolo (circa 20 ettari) e la costruzione della strada di raccordo tra il cavalcaferrovia di via Po ed il ponte della Scaffa. La gestione dei lavori avvenne attraverso la Camera di Commercio, dato che il Comitato non ritenne di avere per questo compito sufficiente veste giuridico-amministrativa.
In pari tempo si provvide alla stesura di una bozza di progetto di legge nazionale per la dotazione di fondi più sostanziosi e l’istituzione dell’ente di gestione. Nella bozza si inseri l’ottenimento per la zona B) della dichiarazione di “porto franco”, ai sensi della legge già richiamata del 1927. Il progetto di legge fu fatto proprio dal Consiglio regionale nella seduta del 3 dicembre 1955 ed inoltrato al Parlamento divenne il «progetto di legge nazionale n. 7 per l’istituzione della zona industriale e del punto franco di Cagliari». La mancata discussione nell’arco della legislatura ne determinò però la decadenza.
Nel corso della sua attività il Comitato si occupò di altre questioni: dallo spostamento nella zona di San Paolo della stazione delle Ferrovie Complementari, alla costruzione entro il porto commerciale di una fossa per l’installazione di un bacino di carenaggio per navi sino a 15 mila tonnellate, concesso alla Regione dalla Marina Militare. Inoltre, essendo intervenuta la legge 29 luglio 1957, n. 634, lavorò per la costituzione del Consorzio previsto dalla nuova normativa nazionale.
A seguito dell’emanazione da parte del Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno (con la circolare del 7 ottobre 1959) dei criteri di applicazione di detta legge, si predispose la documentazione per il riconoscimento dell’area di sviluppo industriale. Il 4 aprile 1960 la documentazione fu presentata al Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno che provvedette al riconoscimento dell’area industriale il 26 ottobre successivo. Il 12 giugno 1961 avvenne la costituzione del Consorzio, con rogito del dott. Enrico Sforza, segretario generale della Provincia. L’atto costitutivo e lo Statuto furono presentati al Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno il 28 dello stesso mese ed il 13 luglio si ebbe il parere favorevole. Il 4 novembre il presidente della Repubblica Giovanni Gronchi emetteva il decreto di approvazione (n. 1410) e finalmente il 12 gennaio 1962, con la pubblicazione del decreto sulla Gazzetta Ufficiale, il Consorzio diveniva realtà.
Paolo De Magistris seguì 
da vicino sin dagli anni '50,
dapprima come dirigente
della Regione e poi come
sindaco di Cagliari, le vicende
dell'area industriale
Poco dopo la firma del decreto, il 24 novembre 1961 (mancavano appena quattro giorni alla scadenza esatta dell’ottavo anno d’attività), il Comitato promotore si riunì per l’ultima volta. Il verbale della seduta, pure nella aridità della rendicontazione finale delle somme amministrate e della elencazione delle modalità per la custodia del patrimonio di studi e progettazioni acquisiti, lascia trasparire l’intima soddisfazione di tutti i componenti e della segreteria per il lavoro svolto, che può giudicarsi intelligente, caparbio e proficuo.
È bene, infatti, ricordare che Cagliari, per essersi avvalsa di questo lavoro, fu tra le prime ad ottenere il riconoscimento di area industriale. Sassari-Portotorres, ad esempio, impiegò più tempo anche perché, avendo scelto la strada di costituirsi subito in Consorzio in base al testo unico delle leggi comunale e provinciale non appena ottenuta l’approvazione di zona industriale regionale, incontrò notevoli difficoltà nella trasformazione da un tipo all’altro di Consorzio.
Il confronto con Sassari Portotorres mette in evidenza un altro aspetto positivo delle scelte fatte. Quando, negli anni successivi, gli studi del piano regolatore dell’area orientarono le preferenze verso zone diverse da quelle originariamente indicate ed ampliarono il concetto di porto industriale, la flessibilità operativa ed il modo unitario di trattazione delle questioni, che fu alla base dei lavoro del Comitato, non costituirono ostacolo per l’affermarsi dei nuovi orientamenti.
Comunque, anche a Cagliari, nonostante che queste tappe si fossero superate più in fretta rispetto ad altre aree del Mezzogiorno, si era ancora lontani dal raccoglierne i frutti.
Il desiderio di assistere subito al sorgere di opere e di ciminiere, che in quei giorni pervadeva la classe politica ed economica locale, doveva considerarsi rinviato di qualche anno, come in seguito si avrà occasione di vedere.
(1 - continua)

(1) Sul prossimo numero, la seconda puntata, "L’arrivo della grande industria". A seguire le otto puntate successive: "Come nacque il Piano Casic"; "Una nuova frontiera industriale"; "Quando i container arrivarono a Cagliari"; "Storia senza pace del terminal cagliaritano"; "Un po’ di luce dopo gli anni bui"; "Verso un polo integrato"; "Da pionieri a protagonisti"; "Una chiave per il futuro".