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Sommario


Editoriale

Il momento difficile della nostra agricoltura

La scheda degli enti che operano nell’agricoltura

Una tutela per i prodotti regionali

Vacilla il sostegno dell’agroalimentare sardo

Obiettivo qualità per la viticoltura dell’isola

I vini sardi premiati a Vinitaly 2008

Eccellenza e originalità per conquistare nuovi mercati

TRASPORTI E NUOVE COMPETENZE DEGLI ENTI LOCALI - Atti del Convegno organizzato dall'Assessorato ai Trasporti della Provincia di Cagliari - Cagliari, 3 dicembre 2008

 

Il momento difficile della nostra agricoltura

 

Una mucca la massaggio in una stalla dello stabilimento della Cooperativa 3A Latte Arborea
Mucca al massaggio in una stalla dello stabilimento
della Società cooperativa 3A Latte Arborea
Che l’agricoltura abbia sempre avuto problemi è scritto ovunque, ma è indubbio che quello che sta attraversando sia uno dei momenti più difficili della sua recente storia. Piegato dalle difficoltà che assediano alcuni settori chiave, il sistema agroalimentare si indebolisce sempre più. Tra siccità, alluvioni, calo dei prezzi agricoli, aumenti dei costi di produzione, contributivi e fiscali, burocrazia, finanziaria, debiti, difficoltà di accesso al credito, costi dell’acqua irrigua, uniti ai cronici nodi strutturali e alle profonde modificazioni avviate con la riforma della nuova Politica agricola comunitaria (Pac) anche il comparto primario sardo sta vivendo una crisi diffusa, con i redditi calati del 18 per cento tra il 2000 e il 2007. Tutti i settori sono in affanno, dall’allevamento con la diminuzione della produzione di latte, il crollo dei prezzi all’origine della carne e la riduzione delle aziende, ai cereali, dal vino all’olio di oliva, all’orticoltura.
Il forte rincaro dei mezzi tecnici impiegati nel processo produttivo aziendale, in particolare fertilizzanti, mangimi e sementi, di cui siamo fortemente deficitari, sta determinando grande apprensione fra gli operatori del comparto.
I settori che hanno maggiormente risentito di questa frenetica corsa al rialzo delle materie prime sono stati quelli dell’allevamento (soprattutto bovini e ovini con un più 16,4 per cento, suini e avicoli con un più 14,2 per cento) e quelli della cerealicoltura e dell’orticoltura ( più 10,3 %). Rincari che stanno erodendo sempre più i margini di guadagno delle imprese agrozootecniche, a partire da quelle impegnate nella produzione di latte ovino che stentano a vedere riconosciuta la giusta ricompensa alle loro fatiche.
Nel 2007, dopo che una parte del latte sardo aveva attraversato il Tirreno, gli industriali sardi avevano portato il prezzo a 75 centesimi al litro, chiudendo con il conguaglio a 80. Prezzo che non ha consentito neppure il recupero dell’aumento dei costi di produzione. Proprio il mancato riconoscimento di un equo prezzo del latte (si calcola che nella campagna 2007-2008 ogni allevatore ha speso in media da 1,10 a 1,25 euro per produrre un litro di latte ovino) è una delle concause che stanno determinando una riduzione del numero delle aziende ovicaprine e la conseguente diminuzione della produzione di latte e di formaggi.
Le colture cerealicole (in particolare il frumento duro che incide per il 58% nella voce cereali e che ha registrato un calo dei prezzi del 48% e un aumento dei costi dei mezzi tecnici del 63%) rischiano di essere cancellate dal sistema produttivo isolano; l’incostanza del tempo e gli elevati costi potrebbero indirizzare i produttori verso altre colture o, addirittura, spingerli ad abbandonare coltivazioni ormai a bassa redditività e a consolarsi con i premi elargiti dalla Comunità europea.
Non vive meglio l’orticoltura con i carciofi, che da soli rappresentano quasi il 25% delle produzioni ortive, in passato sinonimo di una importante fetta di un’economia rurale di gran parte della Sardegna, e che ora, spuntando prezzi molto bassi all’origine, incominciano a scoraggiare molti dei produttori che credevano nella coltura.
Un vigneto di uva Monica nelle campagne di Serdiana
Un vigneto di uva Monica nelle campagne di Serdiana
Neppure il comparto vitivinicolo gode buona salute, soprattutto al sud.
Un dato che condiziona pesantemente lo sviluppo del settore agricolo è poi il forte indebitamento delle imprese verso il sistema bancario, dovuto prevalentemente alle ricorrenti calamità naturali verificatesi negli ultimi anni. Si calcola che l’indebitamento complessivo delle aziende raggiunga i 676 milioni di euro. Ad aumentare questa situazione di precarietà, che determina una scarsa liquidità e, di conseguenza, una minore competitività del sistema agricolo, hanno contribuito in maniera pesante gli effetti negativi prodotti dalla legge regionale 44/88, con la quale la Regione finanziò una serie di prestiti a tasso agevolato senza richiedere alla Commissione europea il prescritto parere di conformità. In seguito alla decisione della Commissione che considerò tale provvedimento illegittimo, non essendo stato notificato precedentemente, la Regione fu costretta a recuperare i contributi erogati agli agricoltori. Le banche ricontrattarono i mutui, il cui tasso, senza sovvenzioni, salì vertiginosamente dal 3% anche fino al 18 per cento. La maggior parte delle aziende, già strangolate dai termini di scadenza dei mutui, si sono così trovate sull’orlo dell’asta giudiziaria.
Se il 2007 è stato un anno da dimenticare, il 2008, con la siccità prima e le piogge torrenziali e il forte vento che hanno caratterizzato gli ultimi mesi dell’anno, hanno reso ancor più difficile la già difficile situazione.
La Sardegna meridionale ha prodotto poco frumento e pomodori; la viticoltura ha subito una contrazione rispetto allo scorso anno pari al 30 per cento; non sta meglio l’olivicoltura; molte imprese agrozootecniche, oltre a risentire di una serie di elementi strutturali che ne condizionano in negativo l’evoluzione delle produzioni in termini quantitativi e qualitativi, subiranno un’ulteriore contrazione della plv a causa della siccità e delle alte temperature che hanno limitato, in alcune zone anche del 60 per cento, la produzione di foraggere, pascoli, prati pascoli, cereali, erbai. Piogge e vento hanno semidistrutto centinaia di ettari di carciofaie nel Medio Campidano. La situazione più grave è rappresentata dal ritardo nelle semine e dalla possibile perdita di quelle già effettuate.
Ad aggravare la situazione, nonostante le ingenti risorse a disposizione e gli interventi previsti in diverse leggi regionali, hanno contribuito anche i ritardi nella spendita delle risorse destinate direttamente agli agricoltori per l’ammodernamento delle aziende e il miglioramento delle produzioni.
Neppure dal Governo nazionale sono arrivati segnali di incoraggiamento. Nel 2009 mancheranno all’agricoltura italiana, e di riflesso anche a quella isolana, oltre 959 milioni di euro: ai 550 milioni di risparmi di spesa previsti per il ministero delle Politiche agricole e forestali, si aggiungono i 459 milioni per i mancati rifinanziamenti del Fondo di solidarietà, delle agevolazioni contributive e del Piano irriguo.
Insomma, l’agricoltura marcia a fatica, anche se continua a ricoprire un ruolo significativo in termini di valore aggiunto, che nel 2007 è cresciuto dell’1,3% rispetto al 2006. Il valore della produzione vendibile, raggiungendo i 1.475 miliardi di euro, ha segnato un aumento del 3% rispetto al 2006, compresi gli allevamenti, il cui peso è stato pari al 47% del valore complessivo della produzione. Un elemento positivo è dato poi dall’andamento dell’interscambio estero, con un più 7,6% rispetto al 2006.
A tirare sui mercati esteri sono sia l’agroalimentare nel suo complesso, comprendente cioè le attività agricole e quelle della industria alimentare, sia lo specifico settore agricolo. Anche gli ultimi aggiornamenti Istat, che si fermano al primo trimestre 2008, confermano, seppure ad un ritmo più attenuato (+ 1,5%), la dinamica espansiva dell’export.
Il messaggio che arriva da Strasburgo agli agricoltori, con la proposta di revisione della Politica agricola comunitaria varata dalla Commissione europea, è: produrre e produrre ancora sull’onda di una domanda di alimenti sempre più elevata in modo da poter contribuire al riequilibrio dei mercati. Non avendo e non potendo garantire produzioni di massa, la nostra è un’agricoltura sempre più orientata verso la strada della qualità.
La nostra ancora di salvezza è l’immenso giacimento di specificità legate al territorio, e che possono essere declinate in modi diversi: prodotti buoni, sani, capaci di suscitare emozioni e quindi di riportare alla memoria la nostra isola.
Alcuni prodotti sono veri e propri patrimoni culturali dell’agroalimentare sardo, che vanno difesi, tutelati e fatti conoscere. Da anni, fiere, sagre e mercatini coprono ormai tutto il territorio, riscuotendo sempre successo perché alla gente piace vedere, assaggiare e comprare. questo? Le piccole e medie imprese, che sono la spina dorsale di questo settore, devono essere aiutate a crescere commercialmente, in particolare puntando all’estero, perché il mercato interno non ha margini di crescita e crescere all’estero non è facile con un’Europa sempre più forte e con le future ulteriori sfide derivanti dall’avvio del libero scambio nel Mediterraneo, previsto nel 2010.
Per questo è necessaria la proficua collaborazione tra istituzioni e mondo agricolo, tra Regione Sardegna e organizzazioni professionali.