La Sardegna ha oggi un insostituibile strumento per poter incidere sulla ripresa del suo apparato produttivo, affrancandolo da un pesante condizionamento. Si tratta del primo Piano energetico regionale, che vede la luce dopo un lungo e tormentato cammino nel corso degli ultimi vent’anni. Portato al vaglio delle parti sociali e produttive, sin dal novembre 2002, il progetto di piano, elaborato da un gruppo di lavoro del dipartimento di Ingegneria del territorio dell’Università di Cagliari, coordinato dal responsabile scientifico Paolo Giuseppe Mura, è stato utilizzato, alla fine dello stesso anno, come base di discussione nel corso di un incontro a Roma con il Governo nazionale.
In seguito, il documento in bozza è stato inviato ad amministrazioni pubbliche, imprenditori, sindacati, associazioni di categoria, studiosi e tecnici del settore. La proposta finale è stata quindi approvata dalla Giunta regionale nell’aprile del 2003 e successivamente presentata e discussa al Forum regionale sull’energia.
Non si tratta quindi di un documento calato dall’alto, ma di un progetto in cui tutti gli attori delle vicende energetiche regionali sono stati coinvolti.
Una seconda notazione positiva relativa al Piano riguarda l’impostazione del documento. Si tratta di uno studio che tiene sempre conto della particolare realtà sarda, delle tappe non sempre felici che ne hanno caratterizzato le vicende energetiche negli ultimi vent’anni, costellate di accordi non rispettati, di impegni disattesi. Ci sembra, insomma, che il documento sia, contrariamente agli studi elaborati nel passato, caratterizzato da una duttilità che lo renderà comunque applicabile alla particolare situazione dell’isola, nonostante i prevedibili ridimensionamenti e le altrettanto sicure proroghe che accompagneranno il Piano nei prossimi anni.
Lo studio dell’equipe universitaria diretta da Mura prevede tutta una serie di tappe che dovrebbero trasformare la Sardegna da “isola energetica” in una vera e propria “piattaforma energetica”, con una sua proiezione sul mercato europeo: entro il 2005 ci sarà la nuova centrale Enel a letto fluido da 340 MW, che brucerà a Portovesme da 350 a 400 mila tonnellate di carbone (che si aggiungeranno alle 350 mila che alimenteranno la centrale Sulcis/3). Nel 2007 il carbone Sulcis estratto raggiungerà quota mille tonnellate e potrà rifornire la nuova centrale che le aziende di Portovesme, con Enel e Consorzio industriale, potrebbero costruire entro il 2008. Sempre nel 2008, dovrebbe essere disponibile il nuovo elettrodotto sottomarino da 1.000 MW. Per il 2010 è prevista, infine, la conclusione dei lavori del metanodotto Algeria-Sardegna-Continente, che potrebbe far nascere la prima centrale a metano da 400 MW. Questi in sintesi gli obiettivi del Piano. C’è comunque chi per risolvere i problemi energetici vorrebbe battere altre strade, puntando sull’innovazione e sulla ricerca di fonti alternative. In prima linea, il premio Nobel Carlo Rubbia che vorrebbe sganciare la produzione di energia dalla disponibilità delle sorgenti fossili. E la Sardegna, con il suo centro di ricerca di Cagliari, il Csr4, presieduto proprio da Rubbia, potrebbe porsi all’avanguardia in questa ricerca di una fonte alternativa pulita.
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